musUn paio di ore di pedalata nella tiepida mattinata di Santo Stefano, la tappa a Robecco, il caffè e la foto al presepe che sta tra le acque del Naviglio ben ancorato agli argini con un paio di funi. E’ sempre lì ogni anno, tradizione di un Natale che poi è una festa semplice, non ha bisogno di tante (troppe) luci, cene, pranzi, doni e sfarzi per essere festeggiata. E la bellezza semplice di questo piccolo presepe di paese  riluce ancor di più se messa al fianco del «Super Christmas» milanese, così come lo ha chiamato con buona enfasi il comitato delle Feste di Palazzo Marino.   Chissà poi perché in inglese. E chissà poi perché super. In realtà sarebbe bastato augurare un sereno Natale ai più laici e un Santo Natale a chi ancora crede. Non serve esagerare. Anzi. A forza di strafare sfugge l’essenza di una festa che un presepe e un albero rappresentano in tutta la sua pienezza. Il resto quasi sempre è di più per non dire troppo.  In città in queste settimane di festeggiamenti c’è di tutto e di più: mercatini come se piovesse, villaggi delle meraviglie con piste di pattinaggio, funi di acciaio e carrucole per attraversare volando le piazze, luminarie da mille e una notte, alberi hi-tech, di metallo, ecosostenibili, griffati e sponsorizzati. E chissà cos’altro ancora per alzare l’asticella dello stupore. Per non parlare del presepe. C’erano una volta una capanna, un bue, un asinello e Maria e Giuseppe a rappresentare la Natività. Fine. Oggi nei presepi ci si trova di tutto e di più dai carillon alle mongolfiere, dalle statuine stilizzate a quelle fatte con i mattoncini in plastica delle costruzioni, slitte, motoslitte, cioccolatini, lustrini e cotillons. E delle capanne e delle mangiatoie si sono perse le tracce. Cambiano i tempi, cambia tutto e cambia la tradizione che molti, erroneamente, confondono con l’abitudine. Con ciò che si fa di solito e che quindi, col passare del tempo, sostituiscono con altri riti, con altre usanze importate chissà da dove, in una miscellanea che mette insieme il sacro e il profano senza troppe distinzioni e che stravolge i valori di una festa che invece ha un solo senso. Ed uno solo. Perché se per tradizione si intende il più pregnante significato della «traditio» latina e cioè la trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memoria e testimonianza, di ciò che è stato visto e vissuto allora il racconto della «Notte di Natale» acquista un valore assoluto che non può essere sostituito, modificato, arricchito e stravolto. Il racconto del Natale non può essere che quello della Notte di Betlemme, di una capanna, di un bue e di un asinello con Gesù tra Giuseppe e Maria sotto la luce della stella cometa. Il resto è di troppo. Liberi tutti poi di credere, non credere o di celebrare le Feste secondo la propria sensibilità. Di festeggiare in piazze e villaggi con alberi ecosostenibili, presepi rivisti e corretti e piste di pattinaggio sponsorizzate, con luminarie, mercatini, frittelle e vin brulè. Liberi, ci mancherebbe. Perché ognuno ha il suo «Super Christmas» fantastico e scintillante. Ma il Santo Natale è un’altra cosa. E qui a Robecco pedalando una mattina in bici e osservando la natività che silenziosa galleggia tra le acque se ne coglie un po’ meglio l’essenza…