Il verdetto è arrivato con un tweet venerdì mattina all’alba: “La Barkley Marathon  è finita e non ci sono vincitori…”. Nessun vincitore  come spesso accade da ormai 35 anni, perchè  qui sulle Appalachian Mountains del Frozen Head State Park di Wartburg, una piccola cittadina del Tennesse, nessuno arriva al traguardo.  L’anno scorso per il Covid la Barkley era saltata, quest’anno anche il virus se n’è fatto un ragione e alla fine a giocarsela  sono rimasti in due:  Jared Campbell che qui è arrivato in fondo ben tre volte e Luke Nelson che è uno che, tra le tante sfide, ha messo in bacheca ance il Tor des Geants. Non due pivelli insomma . Ma non è bastato, non ce l’hanno fatta a finire in tempo al traguardo e l’organizzatore Gary «Lazarus Lake» Cantrell,  non è uno che fa sconti. Anzi.  «Questa è una sfida per chi non è sano di mente- ama ripetere- ma li voglio così. Meglio se nessuno arriva al traguardo perchè poi c’è la fila per provarci…».La Barkley Marathon è la gara più assurda e più dura che ci sia sul pianeta. Una follia.  Cento miglia di fatica, ma c’è chi dice che siano anche 130, in una natura che dire ostile è dir poco, tra montagne, rocce, rovi e crepacci con un dislivello di 120mila piedi tanto quanto scalare due volte l’Everest.  Il tempo fissato per concluderla sono 60 ore e non un secondo in più, senza fermarsi, giorno e notte. Tempo e distanze possibili in qualsiasi altra parte del mondo ma non qui. Perché nessuno conosce il percorso, nessuno sa dove deve andare e non sono ammessi navigatori, gps o altre «diavolerie» elettroniche. Cinque giri di tracciato ma gli atleti lo devono trovare seguendo le mappe di carta e il loro senso dell’orientamento fino a raggiungere 5 punti di controllo dove Cantrell ha nascosto dei libri da cui i concorrenti devono strappare le 5 pagine col numero del loro pettorale. Non è previsto il ritiro. Alla Barkley non ci si ritira, ci si «arrende»  ed è meglio farlo in prossimità di una strada dove si può chiedere aiuto perché non sono previsti soccorsi. Ti lasciano lì. Ma non si sa neppure quando si parte. Chi deve partecipare arriva nella zona della partenza, pianta la sua tenda, si mette il cuore in pace e aspetta. Aspetta che Cantrell si tolga dal capo il suo cappello da cow boy, si accenda con tutta la calma del caso il suo sigaro Avana e soffi in una conchiglia per dare il via. Quello è il segnale, poi ognuno va incontro al suo destino. Quest’anno era tutto un po’ diverso dagli anni passati.  Di solito sono una quarantina i coraggiosi che ci provano, stavolta solo sedici. Pochi dall’estero per le  restrizioni di viaggio legate alla pandemia, per i controlli, per i protocolli e i test obbligatori.  Un manipolo di uomini e donne quasi tutti americani, tutti allenati e tutti fortissimi perchè qui non si viene mai per caso. Ma anche stavolta non c’è stato nulla da fare. Come si dice da queste parti:  non ce l’hanno fatta a domare  la “bestia”…