Si riaccendono (purtroppo) i riflettori sulla maratona di Boston  del 15 aprile  2013 quando due bombe artigianali fatte esplodere all’arrivo uccisero tre persone, ferendone altre 260, diciassette delle quali rimasero mutilate. Nella caccia al responsabile  Dzhokhar Tsarnaev  un agente rimase ucciso e il fratello complice dell’attentatore  Tamerlan Tsarnaev  perse a sua volta la vita durante uno scontro a fuoco con la polizia. Una cronaca che sembra non finire mai e che ora torna d’attualità perchè la Corte  suprema degli Stati Uniti ha annunciato che valuterà la possibilità di reimporre la pena di morte all’attentatore che tempo fa il Tribunale di appello di Boston, pur confermando la condanna di Tsarnaev, aveva rigettato per una serie di questioni procedurali durante il processo di primo grado. I giudici hanno deciso di accogliere il ricorso che era stato presentato dall’amministrazione Trump contro l’annullamento della condanna a morte risalente a fine luglio 2020. Una vicenda che non si risolverà in fretta perchè le audizioni infatti non si terranno prima dell’autunno. Si riapre quindi il sipario su un attentato che gli americani ( e non solo loro) vorrebbero dimenticare. Il Boston Globe, il principale quotidiano di Boston,  nei giorni in cui si dibatteva se condannare Tsarnaev a morte aveva ha richiesto esplicitamente alle corti americane  di non autorizzare la pena capitale sostenendo che «una procedura così lunga avrebbe lasciato l’attentato alla maratona sotto i riflettori, alimentando nelle vittime il senso d’ ingiustizia». Molto meglio, sosteneva il Globe, «che Tsarnaev scivoli nell’oscurità in una cella federale e che ci resti». Un sondaggio condotto dal quotidiano, ha poi rivelato che il 57% degli abitanti di Boston sarebbe stato a favore di salvare la vita al terrorista destinandolo all’ergastolo. Poi pero la pena di morte era stata concessa, cancellata ed ora sarà di nuovo discussa. Al di là dell’aspetto etico sul fatto che uno Stato possa decidere di uccidere un uomo sebbene si sia macchoiato del peggiore dei reati, la questione apre ora un grande dibattito negli Stati Uniti. Si tratterà infatti di un test per il presidente Joe Biden e per la sua opposizione alla pena di morte federale. Non è chiaro infatti come la nuova amministrazione si porrà in relazione al caso Tsarnaev: inizialmente la decisione di chiedere la condanna a morte era stata presa dall’amministrazione Obama, in cui Biden era vice presidente; ma Biden ha promesso di andare verso lo stop della pena di morte a livello federale.