Più semplice far fuori l’Austria, il Belgio, la Spagna. Anche gli inglesi. Più semplice buttarla dentro, magari su rigore, che reggere il peso e la responsabilità di questa rinascita italiana che da ieri notte tutti stanno mettendo sulla schiena degli azzurri. Il presidente della Federazione italiana gioco calcio Gabriele Gravina l’ha paragonata addirittura un nuovo Umanesimo che davvero pare un po’ troppo se riferito ai destini dell’ umanità che più alle filosofie, alle lettere e alle arti ormai siamo rassegnati ad affidare a un pressing o a un 4-4-3.  E  c’è anche chi dà  alla vittoria dell’Italia sull’Inghilterra di Boris Johnson il valore di una rivincita dopo la Brexit. Nientemeno. A parte ciò  fa un enorme piacere la vittoria di Wembley: ieri sera erano in pochi quelli che non hanno trattenuto il fiato sull’ultimo penality parato da Donarumma e poi si sono messi a ballare sui tavoli. Una gioia indescrivibile che arriva 53 anni dopo l’ultima vittoria ma soprattutto dopo un anno e mezzo drammatico di morti, contagi, paure e lockdown. Logico gioire, far caroselli, cantare, ritrovare lo spirito di appartenenza per una bandiera e  un Paese che durerà lo spazio di qualche giorno ma che comunque ogni tanto è bene che si risvegli. Però forse è tutto un po’ troppo. Tutta questa aspettativa di riscatto dalla vittoria di un campionato europeo di calcio pare un “macigno” messo sulle spalle inconsapevoli di Chiellini e compagni,  figlio anche dell’esagerazione che ormai segue ogni evento, amplificato da tecnologie, telefonini, dirette, social e via cliccando.  Le celebrazioni con un bus scoperto per le vie di Roma,   al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a Palazzo Chigi dal premier Mario Draghi che ha parlato di rinascita dello sport grazie alle impresa azzurra e a quella di Matteo Berrettini storico finalista a Wimbledon un po’ stridono con tutto ciò che si sta vivendo. Certo, da sempre il calcio nel nostro Paese, guarisce ogni male e cancella ogni guaio. Cancella anche la paura di un virus che per ora pare sopito e in autunno si vedrà e i festeggiamenti e la folla che si è accalcata per salutare gli azzurri non fanno certo star tranquilli.  E cancella i problemi dello sport che soprattutto alla base, nelle scuole, tra le società dilettantistiche che ogni giorno si fanno il segno della croce per non scomparire è su un binario morto. In quest’anno e mezzo di pandemia, di impianti più o meno chiusi, di quarantene, di lavori e stipendi che traballano e di famiglie sempre più i difficoltà  la previsione che fanno le Federazioni riguardo ai tesseramenti dei ragazzi parlano di un 30 per cento di iscritti in meno. Sono un esercito che si perde per strada. Chissà se a Draghi gliel’hanno detto?