Quindici feriti di cui tre gravi. La festa per il trionfo europeo degli azzurri di Roberto Mancini a Milano costa cara. Un «bollettino» pesante in assoluto, pesantissimo e inconcepibile se si considera che la baraonda e i caroselli erano per una partita di calcio, importante finchè si vuole, ma pur sempre una partita di calcio. «Il bilancio poteva essere migliore- ha detto il sindaco Beppe Sala- ma abbiamo gestito una situazione non semplice perché di gente ce n’era tanta, veramente tanta. Abbiamo avuto tre feriti in piazza Duomo e qualche stupido che è salito sul tram intorno alla Darsena e un po’ capisco, anche perché dopo tanta “oppressione“ un momento di gioia male non faceva…». È vero. Sulle strade la notte scorsa si è riversata una marea azzurra impossibile da contenere e controllare ed è anche vero che dopo un anno e mezzo di pandemia e lockdown la gente non vedeva l’ora di ritrovarsi e festeggiare, quasi fosse una catarsi «tricolore» capace di cancellare tutto il brutto che abbiamo vissuto in questi mesi. Ma c’è un limite e anche qualcosa in più. Un qualcosa che ha «rovinato» la festa europea, che da qualche tempo rende sinistre le notti milanesi e «intossica» la movida. Un’onda lunga di violenza che dalla Darsena alle Colonne, da Corso Como a Lambrate sembra quasi non aspetti altro che esplodere. E ogni occasione è buona ovviamente anche la festa per la vittoria azzurra. Ha detto il sindaco alcuni giorni fa rispondendo al suo rivale candidato Luca Bernardo, che su questo lo stuzzicava, che «la battaglia sulla sicurezza a Milano è roba vecchia di almeno quindici anni…». Può darsi che sia così, ma se per festeggiare la vittoria di un campionato europeo nelle piazze della città si fanno esplodere diverse bombe carta e se non passa week-end senza risse e balordaggini tra bande di adolescenti e non solo di adolescenti, significa che forse è ancora il caso di preoccuparsi. Quantomeno discuterne per valutare poi se è il caso di allarmarsi e concordare con prefettura e forze dell’ordine un giro di vite oppure se continuare con una linea di tolleranza che pare un po’ la nuova filosofia buonista di Palazzo Marino anche su altre «emergenze». Che guai però a chiamarle così. Roba vecchia le emergenze ma prima o poi bisogna farci i conti…