La vittoria è “femmina”
Alcuni anni fa sulle Dolomiti, un’atleta azzurra Federica Boifava, vinse la Dolomiti Extreme trail, una delle gare di corsa in montagna più dure in circolazione, 53 chilometri in Val di Zoldo scalando il San Sebastiano, il Civetta, il Moiazza e il Pelmo per un totale di quasi 4mila metri di dislivello che si fa fatica anche scriverlo, figurarsi ad andar sù.
La Boifava vinse ma non tra le donne, fu la prima di tutti, uomini compresi. Non fu quella la prima volta e non sarà neanche l’ultima. Qualche anno fa, tanto per continuare con gli esempi, Camille Herron, trentaseienne dell’Oklahoma ha battuto il record mondiale assoluto di corsa trail sulle 100 miglia alla «Tunnel Hill 100» nell’Illinois e Courtney Dewaulter, atleta 33enne del Colorado ha sbaragliato tutti, uomini compresi, nella «Moab 240 race», una gara che si corre tra montagne e canyon dello Utah.
Nelle ultramaratone, le corse lunghissime di 50, 70 oltre 100 chilometri i rapporti tra sesso forte e debole non sono più del tutto scontati. Così capita e così ha provato a spiegare la scienza in questi ultimi decenni con una serie di indagini pubblicate dalla rivista Nature che annunciavano la possibilità per le atlete di superare i colleghi uomini nel giro di qualche lustro. Nelle maratone non è successo e non succederà visto che a oggi la differenza di prestazioni sui 42,195 della distanza resta nell’ordine di oltre dieci minuti. Ma nelle distanze lunghissime il gap spesso svanisce.
La differenza non la fanno muscoli e forza perchè gli uomini in questo senso restano più dotati. Ma la resistenza fisica, la capacità di sopportare la fatica, il dolore e la tenuta mentale. In pratica la «resilienza», una combinazione di forza fisica e di volontà che, secondo alcuni biologici evoluzionisti, deriva alle donne dalla storia evolutiva dei mammiferi e dalla predisposizione ad affrontare una gravidanza.
Molti hanno anche messo sotto la lente l’aspetto metabolico: i maschi durante uno sforzo «bruciano» principalmente carboidrati, le donne invece bruciano prima i grassi e solo in un secondo momento attingono alle scorte di carboidrati quindi resistono più a lungo.
Poi ci sono le variabili che sfuggono agli studi: «La corsa per me è uno dei tanti modi possibili di portarsi a spasso nel mondo – aveva raccontato la Boifava dopo la vittoria al Dolomiti trail – La corsa è essenziale. E il mezzo, sei tu. Una gara lunga, come un qualsiasi viaggio, deve disegnarsi senza intoppi, prima sulla carta e poi nelle idee. E una volta stabilite le tracce, sulla rotta prende forma il sentimento, come accade nella rigida struttura della poesia. Vivo la corsa come uno spartito, come grammatica del corpo, come fraseggio del movimento. Non mi ispiro ai grandi nomi dello sport, ma ai viaggiatori, ai pazzi, agli artisti. Corro per monti pensando a chi va per mare, raccogliendo idee per nuove favole da raccontare». Capito perché vanno più forte?