Fa un certo effetto vedere la presentazione nel Tour de France nella magnifiche sale di Palazzo Vecchio a Firenze, col patron Christian Prudhomme a spiegare il perchè e il percome e con  sindaco Dario Nardella e il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e tenergli lo strascico. Le “Grand Depart” nel 2024 sarà dall’Italia con tre tappe: Firenze-Rimini, Cesenatico-Bologna, Piacenza-Torino. “Il Tour de France non è mai partito dall’Italia in 120 anni, ed era una specie di anomalia, di incongruenza- ha detto Prudhomme, citando i vincitori italiani della corsa, da Bottecchia a Nibali-  Siete  un grande Paese di ciclismo, un Paese appassionato, un Paese magnifico, un Paese che ci offrirà la bellezza dei propri paesaggi e ci sarà un terreno sportivo interessante per i campioni: per noi è molto importante avere i campioni del Tour de France spalla a spalla fin dai primi giorni, dalle prime ore e ciò accadrà con il percorso da Firenze a Rimini, e poi da Cesenatico a Bologna: è una certezza. Poi andremo dall’Emilia-Romagna in Piemonte, fino a Torino, dove ci sarà sicuramente una volata..”. E’ la prima volta che il Tour parte dall’Italia ma non è la prima volta che transita sulle nostre strade perchè ciò già era avvenuto con un arrivo e una partenza a Pinerolo. Ma tant’è. Il Tour in Italia, per chi è appassionato di ciclismo, è un gran bel regalo di Natale, un “figata” come direbbe Jovanotti che in bici ci va, una bella cartolina italiana da spedire nel mondo. Però non è un romantico omaggio alla corsa più importante del mondo e soprattutto non è gratis. Regione Toscana, Emilia Romagna e Piemonte sul Tour hanno investito denari e sperano in un grande ritorno di immagine per promuovere ( ma ce n’era bisogno?) Firenze, la riviera romagnola e Torino. Quindi, al di là della retorica, un bel contratto che si spera soddisfi tutti i contraenti.  Ma perchè il Tour deve partire dall’Italia? Perchè oggi il ciclismo è ciò che pandemie, guerre, crisi economiche permettono che sia, cioè uno sport con la spia rossa dei conti accesa e con la necessità di trovare sponsor e soldi dove c’è ancora qualcuno disposto ad aprire i cordoni della borsa. E allora i mondiali si possono anche correre negli Emirati dove il deserto non è solo geografico ma anche sulle strade e all’arrivo perchè molti non sanno neppure chi siano Pogacar , Van Aert, Sagan o Alaphilippe. Il Tour è il Tour ma questo sarà un altro Tour, un’altra cosa. Una scommessa rischiosa perchè rompe storia e tradizioni che sono il cemento che conserva il mito di un evento. Che ciclismo è? E’ quello dei tempi moderni, figlio dello stato di necessità, dove i campioni contano ma i soldi pure. Anzi di più. Quindi benvenuto al Tour italiano che per tre tappe ci farà lustrare gli occhi,  riempirà le strade di tifosi e le pagine dei giornali. Non di tutti ovviamente: oggi la Gazza alla partenza dedica una breve, però colorata di giallo…