Trenta all’ora? Sala fa mezza retromarcia
Magari a Milano si andasse a 30 all’ora… In realtà si va molto più adagio, forse neppure a 15, ma il problema è un altro: è l’atteggiamento di chi amministra una città di un milione e mezzo di persone pensando che l’esigenza vera, l’unica per tutti, sia quella di andare a far la spesa in centro da Peck, ovviamente non inquinando, ovviamente in «sharing», ovviamente con mezzi elettrici, ecologici, puliti, costosi… Cioè più «green» che mai e con la coscienza a posto. Dimenticandosi però che c’è un mondo che quotidianamente fa altre cose e altri conti, che in città ci arriva ogni giorno da pendolare, che tiene famiglia e deve lavorare, che tiene famiglia e figli (e figlie) adolescenti e magari dopo una certa ora a mandarli sulla filovia in circonvallazione o sui tram che portano in periferia non ci pensa proprio. Anche perché a Milano, più che altrove, i tram costano: 2,20 euro a biglietto per i «fessi» che lo pagano perché chi se ne frega i tornelli li salta regolarmente e se qualche agente Atm glielo fa notare finisce a schiaffi… Il sindaco Beppe Sala, da uomo di mondo qual è, un po’ l’antifona l’ha capita e ieri ha fatto una veloce giravolta: «La città a 30 all’ora? Al momento è uno stimolo che ci dà il Consiglio comunale su cui sto riflettendo con attenzione – ha detto – Va verificato e gli uffici ci stanno lavorando dove si può applicare: non su tutta la città. Non può essere l’unica soluzione. Ci devono essere anche altre componenti e un modo diverso di muoversi. Credo che si debba analizzare la questione della mobilità ed è quello che già sto facendo anche in senso più largo». In realtà è tutta una manfrina. Non cambia nulla. Sì perché il Consiglio comunale, pochi giorni fa, liquidando l’ordine del giorno che impone di discutere il limite a partire dal gennaio 2024, aveva detto esattamente la stessa cosa: 30 all’ora in città ma non su tutte le strade, come accade altrove, com’è ovvio. Ma il sindaco ci ha messo il cappello, quasi a sottolineare che il buonsenso non manca, che non c’è una crociata ambientalista da parte della giunta, che se ne può parlare. Ma bisognerebbe discutere di altro. Ad esempio, sul modello di città che questa amministrazione ha in mente. Non è un fatto di mobilità, su quella una soluzione alla fine si trova. La città di Sala, al di là delle chiacchiere buoniste e della pelosa accoglienza, è una città sempre più «esclusiva», nel senso che esclude, che lascia indietro un sacco di poveracci che poi si ritrovano in coda al Pane quotidiano. Una città sempre più «lavoro, guadagno, pago, pretendo…» come dicevano un tempo i cumenda. E chi non ce la fa si arrangia. Una città dove, tornando alla mobilità, se non hai 30mila euro per comprare un’auto elettrica non vai da nessuna parte e pazienza se solo sei anni fa molti hanno spesso più o meno la stessa cifra per comprare una «Euro 5» che, anche se ancora affidabile o efficiente, ora non si può più usare. Gente che magari con quei mezzi ci lavora, ha fatto debiti ed altri non può farne. Quindi a piedi. Bloccati da divieti, urbanistiche tattiche e telecamere per area C, area B, Ztl. Chi non vive a Milano non può rendersi conto perfettamente di cosa sia «Area B» che da qualche mese blocca le auto che la giunta ha messo al bando come inquinanti. È un muro di telecamere che incombe non alle porte del centro e neppure delle circonvallazioni. Ci sono quartieri da dove non si può più transitare. Periferie popolari dove non vivono manager, professionisti, creativi o rampanti ma gente normale che fa i conti con bollette e pensioni. Luoghi che il Comune non considera probabilmente più «città» e che dopo una certa ora (ma anche prima) diventano terre complicate da frequentare con mezzi pubblici che ci sono quando ci sono, con balordi che ci sono quando ci sono, con mamme, nonni che devono andare a far la spesa al discount, ragazzini da andare a riprendere dopo l’allenamento al campetto. Qui chi non ha i danè per cambiare l’auto non si muove proprio. Altroché 30 all’ora…