Da Libero Ferrario a Tadej Pogacar, dalle immagini della prima edizione a quelle dei giorni nostri. E’ stata inaugurata pochi giorni fa al Museo del Ghisallo a Magreglio, e potrà essere visitata fino al primo novembre, la mostra dedicata alla storia della Tre Valli Varesine. Centouno edizioni raccontate con immagini storiche, riproduzioni e giornali d’epoca,  pagine della Cronaca Prealpina e della Gazzetta dello Sport, con materiali provenienti dall’archivio della Società Ciclistica Alfredo Binda, con alcuni cimeli della collezione permanente del museo del Ghisallo. Realizzata in collaborazione con la Società Ciclistica Alfredo Binda e con l’Associazione Tre Valli Varesine rientra nel calendario degli eventi in occasione della prossima Tre Valli  che si disputerà martedì 3 ottobre con partenza da Busto Arsizio e arrivo a Varese.

Valcuvia, la Valganna e Valceresio sono le Tre Valli  di una classica che si corre  nella provincia di Varese dal 1919 e che ha visto al via i più forti corridori di sempre, da Domenico Piemontesi e Gino Bartali a Fausto Coppi, Gianni Motta, Felice Gimondi, Giuseppe Saronni, Francesco Moser, Eddy Merckx e più di recente Vincenzo Nibali, Philippe Gilbert, Sonny Colbrelli, Thibaut Pinot, Alejandro Valverde e Tadej Pogačar. La prima volta fu il 22 Giugno 1919  per volontà e intuizione del Club Sportivo Varesino.  La storia della Tre Valli Varesine inizia così, all’indomani della Belle Époque e della Grande Guerra, dove le necessità della ricostruzione culturale e sociale impongono e sposano nuove avventure sportive.

Dapprima sono i dilettanti ad esplorare  le valli, nel 1924 Libero Ferrario campione del mondo in carica dei “puri” lascia il proprio segno non senza polemiche, accusato di aver ricevuto innumere-voli spinte da mani amiche.  Poi si aprono le porte allo straordinario mondo dei professionisti: entrano in scena gli anni ’30 che tanto daranno al nostro ciclismo. Nel 1930 vince Albino Binda fratello di Alfredo, il quale pur essendo “enfant du pays”, la Tre Valli Varesine non riesce mai ad aggiudicarsela.  Nel ’31 il tracciato più lungo di sempre con i suoi 303 chilometri (che passa anche dal Ghisallo) che viene portato a termine vittoriosamente da Giacobbe.

Il 1932 vede protagonista Alfredo Bovet, nato a Losanna e di fatto il primo straniero ad insediarsi nell’albo d’oro della corsa, anche se in realtà è natura-lizzato italiano. In quegli anni è una lotta all’ultimo colpo tant’è che Gino Bartali nel 1938 brucia il tra-guardo di Masnago con un solo pedale, quello sinistro, poiché quello destro si spezza poco prima dell’arrivo.  Si entra così nel periodo sinfonico delle grandi battaglie tra Toscana e Piemonte dove due figli di queste terre, Gino e Fausto, dirigono l’orchestra del ciclismo mondiale degli anni ’40 e ’50.

Coppi per tre volte primo (anche nel 1939 è primo tra gli indipendenti), Bartali risponde con due secondi posti, tra di loro si interpongono anche le vittorie tra gli altri di Magni, Bevilacqua e Nencini. Nel 1955 si disputa l’unica edizione a cronometro su un chilometraggio di 100 chilometri che incorona l’Airone di Castellania campione italiano. In totale sono 14 gli iscritti alla gara: il minor numero di sempre.

Gli anni ’60 guardando dall’oblò, stanno atterrando con un carico di campioni: Motta e Merckx su tutti. Merckx vince nel 1968 con la maglia iridata, Motta cala un poker di vittorie memorabile ed inaugura con la quarta ed ultima vittoria gli anni ’70. È la decina fantasmagorica di Moser e Saronni. Lotta in gara e fuori gara, un dualismo alimentato anche dalla stampa e dalla televisione che non si vedeva più dagli anni ‘50.

Saronni, risponde a Gianni Motta con quattro vittorie calando così un altro bellissimo poker.  Moser vince due volte, la seconda delle due nel 1978 con la maglia di campione del mondo. Arrivano gli anni di “ciclone” Bontempi, di Gianni Bugno, di Ghirotto e Chiappucci. La Tre Valli è lanciata verso il nuovo millennio. Cambiano le bici, si passa dall’acciaio all’alluminio poi dall’alluminio al carbonio. La corsa varesina oltrepassa la dogana del nuovo millennio, il coriaceo Rebellin è l’unico ciclista ad averla vinta in due millenni differenti, mentre Garzelli l’unico varesino ad essersi regalato il bis.

Gli italiani dal 1991 al 2003 dominano la classifica dei vincitori, poi nel 2004 Wegmann, riporta la vitto-ria in terra straniera.Infine, siamo alla storia recente, quella che più ci ricordiamo perché ancora verniciata fresca e a colori, appiccicata dentro al nostro album delle storie pedalate. Nibali in maglia tricolore nel 2015, Roglič nel 2019 con la maglia color calabrone. La centesima edizione la vince il Rosso di Buja, al secolo Alessandro De Marchi, che scorta la corsa della Società Ciclistica Alfredo Binda nel suo secondo secolo di vita. L’anno scorso la stupenda vittoria di Tadej Pogačar in una entusiasmante volata a venti, in una delle edizioni più prestigiose della storia