“Quello ha una faccia da interista…”  O da ciclista che vince la Vuelta… A volte basta uno sguardo per capire, per rendersi conto e magari per raccontare un grande impresa… Funzionava così l’Ufficio Facce di Beppe Viola che, seduto a un tavolo con Cochi e Renato, Enzo Jannacci e Teo Teocoli,  fissava chi entrava nel bar e stabiliva a quale squadra appartenesse. Lombrosianamente non si sbaglia quasi mai e loro non sbagliavano. Fossero entrati oggi in quel bar milanese Sepp Kuss, Jonas Vingegaard e Primoz Roglic  arrivati  sorridenti e felici in parata dopo la ventesima e penultima tappa che arrivava a Guadarrama, sarebbe stato divertente farli passare al giudizio dell’Ufficio facce. Che rimetteva le cose a posto,  faceva ordine, riportava le persone in carreggiata: chi a far di conto, chi ai posti di comando, chi alla publicrelescion…Sepp Kuss è arrivato sul traguardo di Guadarrama  scortato da i due capitani serviti a meraviglia in passato, ma oggi a sua disposizione. Ora manca soltanto l’ufficialità, ma ormai il 29enne statunitense di Durango in Colorado è il vincitore dell’edizione numero 78 della Vuelta a Espana 2023 dominata dalla Jumbo-Visma che porta tre dei suoi sul podio. Tre su tre, come i grandi Giri dopo aver già vinto anche Tour e Giro d’Italia. Tre su tre con tre uomini diversi. Tre su tre a ribadire un dominio assoluto che ha suscitato l’ammirazione di tanti, la rassegnazione di molti e il rancore di chi, come spesso capita quando si rosica, ha tirato in ballo trucchi e doping, ovviamente senza lo straccio di una prova. Ma tant’è. Se in molti altri sport si è sempre  innocenti fino a prova contraria e a volte anche contro l’evidenza, nel ciclismo l’onere della prova è quasi sempre invertito e fino a prova contraria si è sempre colpevoli.  Va così. Ma al di là di ogni malignità  quella di Kuss domani a Madrid resta una grande vittoria e una bella storia coronata con tre settimane corse da chi è stato capace di farsi trovare pronto e al posto giusto.  Corse con la maglia rossa dopo aver  dato una mano a Roglic a vincere il Giro e un’ altra a Vingegaard sulle vette francesi. Certo, c’era un debito di riconoscenza da saldare e i due capitani hanno probabilmente eseguito gli ordini. Certo, per non far esplodere lo “spogliatoio” in una guerra fratricida alla caccia di un “bis” forse  si è deciso di dargli via libera. Certo che se non avesse avuto il cuore e le gambe per stare là davanti probabilmente non l’avrebbe portata a casa.  Di lui si è detto sempre ciò che di solito si dice per i comprimari. Gregario di lusso, luogotenente formidabile, ultimo uomo imprescindibile sulle montagne mai capitano, mai campione che forse non è ma comunque capace di correre per una generale nonostante gli otto successi in carriera, le due tappe alla Vuelta, una al Tour, una al Delfinato e dodici grandi giri portati a termine, il migliore due anni fa sempre alla Vuelta che ha chiuso in ottava posizione. Ora qualcosa cambia. Ci fosse stato in servizio anche oggi l’Ufficio Facce non avrebbe avuto dubbio alcuno a collocare Kuss: “Quello ha una faccia da ciclista che può vincere la Vuelta: anzi la vince…”