“Lo sport è uno strumento di welfare attivo del Paese, ma per farlo occorre coinvolgimento di tutti i ministeri. Nessuno ha attribuito allo sport il ruolo e l’importanza che deve avere nella crescita di un sistema più coeso, civile e solidale. Lo sport non è risultato, per me lo sport serve a fare in modo che non si presentino casi di Caivano, è comunità dell’integrazione dei ragazzi di seconda generazione, In questo Paese è sempre mancata una sorta di governo di sistema, ma soprattutto la consapevolezza che le politiche sportive rappresentano un pezzo di politiche pubbliche sulle quali investire…”. Luca Pancalli, presidente del Cip, il Comitato italiano paralimpico, spiega perfettamente e con poche parole qual è il senso alto dello sport, al di là delle competizioni. Qual  è lo spirito, la funzione, l’importanza. Lo sport per i ragazzi è benessere, socialità, aggregazione, valvola di sfogo, impegno, via di fuga da mondi poco raccomandabili, percorso di crescita non solo fisica ma anche morale. Lo sport è un bel metro di paragone per capire come funziona la vita perchè la relazione tra impegno, tenacia e risultato è diretta: se non ci si impegna non si ottiene nulla. Il fatto che la pandemia e il lockdown abbiano cancellato scuola e sport per qualche anno è un “black-out” di cui ancora si sta pagando un prezzo altissimo. A ciò si aggiunga che la famiglia negli ultimi anni non è più quella rete di protezione che era una volta e allora si capisce al volo che non basta restare connessi, chattare, ritrovarsi su qualche piattaforma digitale per mantenere i contatti, per vivere, partecipare, far parte di una comunità. In questi anni di pandemia le distanze hanno cambiato i rapporti e forse contribuito ad accelerare un processo di degrado sociale in cui molti adolescenti delinquono per evadere dalla noia e dalla paranoia dei loro smartphone pensando che sia tutto un videogioco. Ma che mondo è? Forse quello che ci attende e che in un certo senso ci siamo costruiti delegando in troppi casi il ruolo di genitori, educatori, maestri e allenatori ad una tecnologia che annienta gli adulti, figurarsi gli adolescenti. Tempo qualche giurista denunciando l’allarme ha  anche invocato un piano per la salute mentale dei ragazzi ma forse sarebbe un passo importante anche solo riportarli con regolarità su un campo sportivo, in piscina, in bici, su una pista d’atletica. Basterebbe per intercettarne il malessere? Evidentemente no, ma aiuterebbe perchè lo sport insegna. Quanto la famiglia e la scuola se non di più. In uno spogliatoio s’impara in fretta a vivere, a rispettare i compagni, a dar loro un mano in campo e non solo in campo, si capisce che la solidarietà è un valore ma conviene anche perchè si vince e si perde tutti insieme. Chiacchiere? Forse. Però chi cresce facendo sport qualche valore in più se lo porta appresso. Partecipare, competere, vincere, perdere tutti verbi che tanti adolescenti di oggi sarebbe utile iniziassero a coniugare. Non è un antidoto alla violenza però aiuta.