Si annoiavano e allora hanno tirato un cavo d’acciaio da un lato all’altro di viale Toscana a Milano. È andata bene, nessuno si è fatto male, ma la follia di come vita e morte possano diventare l’oggetto di un gioco fa pensare. Ieri si è presentato in questura anche il terzo ragazzo del gruppo guidato da Alex Baiocco, il 24enne milanese già in carcere: è un diciassettenne che ora è in un ospedale psichiatrico. Pochi giorni fa era  stato fermato invece il  18enne avrebbe noleggiato lo scooter con cui poi sono fuggiti in due. Una storia allucinante che dà il polso di come per tanti giovani, non tutti per fortuna, la vita sia ormai diventata un videogioco sullo smartphone dove vivere o morire è solo un’opzione che decreta vittoria o sconfitta. C’è la noia in agguato. C’è un tragico black-out di coscienza e valori dietro gesti cosi. Ma che mondo è? Forse quello che ci attende e che in un certo senso ci siamo costruiti delegando in troppi casi il ruolo di genitori, educatori, maestri e allenatori ad una tecnologia che annienta gli adulti, figurarsi gli adolescenti. Tempo qualche giurista denunciando l’allarme ha anche invocato un piano per la salute mentale dei ragazzi ma forse sarebbe utile anche solo riportarli con regolarità su un campo sportivo, in piscina, in bici, su una pista d’atletica. Basterebbe per intercettarne il malessere? Evidentemente no, ma aiuterebbe perché lo sport insegna. Chi cresce facendo sport qualche valore in più se lo porta appresso. Partecipare, competere, vincere, perdere tutti verbi che tanti adolescenti di oggi sarebbe bene iniziassero a coniugare. Non è un antidoto alla violenza però aiuta.