Era già dura prima, ora di più. Le Strade Bianche si allungano per la prima volta oltre i duecento chilometri, 215 per la precisione. Che non sono solo un “dettaglio” che aggiunge fatica a fatica, polvere a polvere, epica ad epica. Oltre i “duecento” il ciclismo diventa nobiltà e le classiche diventano monumenti, un po’ come Fiandre e Roubaix, come Sanremo  e Lombardia, come la Liegi…Quelle corse lì. La Classica del Nord più a Sud d’Europa in programma il 2 marzo da Siena a Siena è sempre stata per dna in quel gruppo, senza bisogno di timbri o certificazioni. Serviva però qualcosina in più e allora gli organizzatori di Rcs ci hanno messo mano aggiungendo una trentina di chilometri, con 12 settori di sterrato per le donne e 15 per gli uomini, una settantina di chilometri tra brecciolini tra rampe e discese, percentuali a doppia cifra.  Con Ponte del Garbo, con Monte Sante Marie, con le Tolfe, con la nuova Strada del castagno con un circuito finale da ripetere due volte prima dell’ultimo muro, tremendo, di Santa Caterina. Roba da fuoriclasse, quasi sempre da campioni e da Cancellara a Kwiatkowski, da Stybar ad Alaphilippe, a Van Aert, Van der Poel, Pogacar, Pidckock,  basta guardare i nomi di chi ha vinto su questi sterrati per capire che non è mai per caso. Sabato 2 marzo toccherà ai big, il giorno dopo largo agli amatori che saranno in settemila per un sold out che da queste parti preferiscono declinare in un più comprensibile “tutto esaurito”. Epica, fatica, storia e campioni ma ciò che fa la differenza è sempre un’intuizione , anni fa, di Giancarlo Brocci un medico appassionato e visionario che le ha pensate e immaginate le strade bianche, sfida antica, eroica, da uomo solo al comando tra polvere o fango, tra vigne, filari, casali e contrade che sanno d’altri tempi, tra  cipressi alti, schietti e giovinetti. Una sfida che porta a riscoprire l’anima e la meccanica del ciclismo che si alza sui pedali con la forza che serve per saltare via brecciole, buche e cunette che ti si parano davanti su salite che non ti aspetti. Con le ruote che slittano, s’infangano, si fermano sugli strappi più duri, con le incognite di un guasto o di una foratura che sfuggono tattiche e algoritmi.  Ciò che fa la differenza nelle Strade Bianche è che la storia è tornata recente e ha riportato il ciclismo al centro e alla  sua origine. Che è un’origine semplice, popolare,  che capiscono tutti senza necessità di intermediari:  vince il più forte, punto.