C’è ancora un ciclismo di eroi e non poteva che essere qui. C’è ancora un ciclismo antico che più moderno non si può. C’è ancora un ciclismo che dà ragione ai sognatori, a chi va controvento, a chi è ostinato, ai romantici e a chi questo sport ce l’ha nel cuore e nell’anima. C’è  il ciclismo di Tadej Pogacar e c’è quello degli altri che sembrano due sport diversi. La diciottesima volta delle Strade Bianche è quella di Tadej,  la seconda vittoria per lui che qui aveva trionfato due anni fa e che qui da professionista aveva debuttato nel 2019 nelle gare di un giorno arrivando trentesimo. Non è la volta buona è la volta giusta, giustissima. Perchè qui vincono solo i grandi e i grandissimi. Vince solo chi ha classe e il coraggio di andarsene a 81 chilometri dal traguardo, vince chi è capace di  riavvolgere il nastro e riportare il ciclismo indietro nel tempo con distacchi di tanti minuti, con le facce sporche di fango, con le squadre che si sbriciolano, i campioni che saltano, le tattiche che servono a poco o forse nulla. Solo qui, solo nelle terre e sulle strade che L’Eroica, con la maiuscola, ha conservato riconsegnandole alla storia e a uno sport che forse negli ultimi anni è andato troppo veloce e nel cammino ha perso  un po’ della sua origine. Troppa fretta, troppa tecnologia, troppe gare, troppi interessi, troppe moto, troppo di tutto a confondere mito e leggenda con tappe inutili e ordini di arrivi non sempre all’altezza. Da Gaiole a Siena serviva una sfida che portasse a riscoprire l’anima e la meccanica, ad alzarsi sui pedali per saltare via brecciole, buche e cunette che ti si parano davanti su salite che non ti aspetti. Con le ruote che slittano, s’infangano, si fermano sugli strappi più duri, con le incognite di un guasto o di una foratura che sfuggono a tattiche e algoritmi. Serviva ed eccola qui:  Le Tolfe, Pieve di Santa Santamaria, Castelnuovo della Berardenga, Colle Pinzuto, la Strada del castagno, Monte Sante Marie tra sterrati, settori e una Toscana che lascia senza fiato per eleganza e bellezza. Oltre 200 chilometri,  215 per la precisione, un trentina in più degli anni passati  che non sono solo un “dettaglio” perchè aggiungono fatica a fatica, polvere a polvere, epica ad epica. Oltre i “duecento” il ciclismo diventa nobiltà e le classiche diventano monumenti, un po’ come Fiandre e Roubaix, come Sanremo  e Lombardia, come la Liegi…Quelle corse lì. Le strade Bianche sono la classica del Nord più a Sud d’Europa, ormai la sesta monumento. Vince Pogacar che arriva in Piazza del campo con quasi tre minuti su Tom Skujins e Maxin Van Gils e non poteva essere altrimenti. Vince scattando quando manca un’eternità su Monte Sante Marie. Vince mandando in frantumi squadroni come la Visma e come la Ineos, campioni come Tom Pidckoc, Sepp Kuss, Matej Mohoric, Christophe Laporte…Lo guardano andar via e se ne accorgono subito che non lo prenderanno più. Se ne fanno una ragione, non provano neppure ad organizzarsi: si arrendono.  C’è il ciclismo di Tadej Pogacar ed è un ciclismo da eroi che non lascia spazio a calcoli e tattiche e forse non lascia scampo e basta. L’aveva detto che avrebbe attaccato lì e così ha fatto. L’aveva fatto capire che avrebbe vinto e così ha fatto. “Sono qui e sto bene- aveva detto alla vigilia- E stasera vi saprò dire se le mie sensazioni era giuste…”. Non giuste ma giustissime. Alza le braccia in Piazza del Campo e sorride: è l’eroe perfetto per questo ciclismo antico che però sa tanto di futuro.