Correre e pedalare: la liturgia di Santo Stefano…
La liturgia della corsa è quella di Santo Stefano. Quella di un Santo Stefano dove ti alzi e fuori c’è il ghiaccio, dove da altre parti nevica e c’è bufera, dove ( giustamente) si paga il prezzo ad un inverno che fa l’inverno. Dopo le vigilie e le Feste santificate la liturgia si fa pagana. Con i suoi riti e le sue maledizioni. Non c’è una sola ragione che giustifichi ciò che in tanti fanno. Non la passione, non il senso di colpa dei pranzi, non una tabella da rispettare, non la parola data a un amico e neppure la cocciutaggine. Però ci si allacciano le scarpe, i più coraggiosi addirittura il casco della bici, e si va per parchi e sterrati. Si fa sport spesso perchè la testa ordina e il corpo obbedisce, perchè c’è un patto con se stessi o forse una colpa da espiare. Quasi sempre si corre ( e si pedala) per senso del dovere. E’ il tributo che si deve alla passione che va oltre la logica di chi non può capire, non può nemmeno immaginare. E’ la liturgia dei folli. C’è un insano senso di responsabilità nei maratoneti, nei ciclisti, nei triatleti…Che li porta a vincere la sfida con la parte più pigra e più saggia di se stessi, a battere l’ansia di uscire a fari spenti lasciandosi alle spalle il freddo, qualche volta la pioggia , quasi sempre il buoi perchè, d’inverno, la luce delle giornata non basta a ritagliarsi lo spazio che serve per un allenamento.: “Affronto i compiti che ho davanti e li porto a compimento ad uno ad uno…” scrive Haruki Murakami “E uso tutte le forze che sono necessarie, per”sopportare tutto ciò che devo e alla fine essere contento di me…”