La 128ma edizione della Maratona di Boston ha visto al via oltre 33mila atleti. Tra gli uomini ha vinto l’etiope Sisay Lemma in  2h06:17  mentre tra le donne si è imposta la  keniana Hellen Obiri in 2h22:37 . E la cronaca può finire qui perchè la maratona di Boston va al di la di chi la corre, di chi la vince, di campioni, storie, assenti e presenti. Boston è Boston, la vera maratona americana, quella che conta. Più di New York, considerata commerciale, da “parvenu” della fatica, da turisti. Boston è Boston da sempre, da 128 anni sempre  il terzo lunedì’  di aprile durante  il Patriot’s day la festa che in Massachusetts celebra l’inizio della rivoluzione.  Boston che si è sempre corsa, senza mai un’interruzione neanche durante guerre e terremoti. Boston è il fiore all’occhiello degli americani, il punto d’orgoglio, la loro storia sportiva, il simbolo che conservano. Boston è la maratona più dura del mondo con quella sua collina spaccacuore a dieci chilometri dall’arrivo; la più iconica con l’arrivo  a Boylston Street e la sua finish line in vinile che viene incollata a terra ogni anno (sempre la stessa) e poi lascia posto ad una striscia bianca disegnata il giorno dopo che rimane lì per tutto l’anno.  Boston per noi è la vittoria di Gelindo Bordin,  il 16 aprile del 1990, dopo l’oro ai Giochi del 1988,  che da queste parti scrisse un pezzo di storia che non cancellerà più nessuno:  primo in 2:08’19” e primo campione olimpico a vincere anche a Boston. Mai più successo. Boston è una ferita riaperta dopo  le torri gemelle anche se poi si è capito che non era la stessa cosa . Boston è Kathrine Switzer la prima donna a correre una maratona capace di cambiare una storia che allora vietava alle donne di correre le lunghe gare perchè si temeva fossero dannose per la loro fertilità. E’ lei la prima in una gara ufficiale anche se vestita da uomo anche se un paio di chilometri dal traguardo un fotografo si accorge dell’inganno. E la soprende. E Jock Semple, che oltre ad essere un uomo dal carattere esuberante e rissoso è da sempre l’organizzatore. Quando si accorge di ciò che sta succedendo salta giù dal pulmann della stampa e cerca di fermarla. La afferra e cerca strapparle il pettorale  ma  l’allenatore e il fidanzato che stanno correndo con lei permettono a Kathrine di sfuggire e di riprendere a correre mischiandosi nel gruppo verso il traguardo.  Finisce in  4 ore e 20 minuti e  la storia di quella prima donna maratoneta fa il giro del mondo.  Katherine Switzer è  la prima ad avere sfidato e battuto le convenzioni e un divieto assurdo e senza senso. Partecipa altre otto volte alla Boston Marathon e nel 1974 vince con un tempo di 2:51. La sua maratona è diventata quella di milioni di donne che da allora si iscrivono alle 42 chilometri nel mondo, le corrono e ci battono. Ovviamente tutto è cominciato a Boston e vale più di tante chiacchiere, di tanta inutile retorica, di tante stucchevoli mimose. Boston è la maratona  più longeva del mondo, inserita tra le sei Abbott World Marathon Majors, Tokyo, Londra, Berlino, Chicago e New York City. Boston sono trentatremila atleti al via che arrivano da tutto il mondo. Boston sono i sogni in un cassetto che magari si avverano quando meno te li aspetti.