Simone Barlaam, un vita ripresa a bracciate
Dai blocchi di una piscina alla passerella di Armani il passo non è breve. Anzi. È un passo enorme, grandioso che non racconta solo un’impresa sportiva, un podio o il personaggio di un anno ma una vera e propria rivoluzione nel pensare comune, un cambiamento culturale nella considerazione della disabilità dal punto di vista sportivo e non solo sportivo. È un cambio di prospettiva che ribalta e riallinea un concetto di normalità che non può avere dogmi o, peggio, pregiudizi.
Simone Barlaam, 24 anni, milanese è un nuotatore paralimpico: forte, fortissimo. Forse il più forte oggi nel giro mondiale. Un oro due argenti e un bronzo ai Giochi paralimpici di Tokyo quattro anni fa; tre ori, un argento, due record del mondo ed uno europeo a Parigi la scorsa estate. E sono solo i titoli più importanti. Ha già scritto un pezzo di storia del nostro sport ma soprattutto ne sta scrivendo un’altra nella vita di tutti i giorni. Studente di ingegneria meccanica al Politecnico, fissato con i fumetti e con la passione del disegno, incarna alla perfezione ciò che per i giovani d’oggi è la normalità delle relazioni, del viaggiare, dell’essere cittadini di un mondo con pochissime frontiere. Quando non è in giro per il mondo vive a Cassinetta di Lugagnano, sul Naviglio, alle porte di Milano. È il volto nuovo di uno sport che spiega, meglio di tante altre chiacchiere, quanto la vera disabilità sia solo negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità si può solo imparare. E crescere. «Per me l’acqua è amica…» racconta ogni volta che glielo chiedono. «Non la combatto perché non sa se tu hai due braccia e due gambe, se sei diverso, se hai una gamba sola. Per questo credo che continuare a differenziare lo sport tra “normale” e “paralimpico” sia ormai fuoritempo. Lo sport è fatto da persone e ovviamente da atleti questo è ciò che conta. E l’acqua è l’unico posto dove la disabilità non esiste. Ma non è così ovunque purtroppo, perché poi nella vita di tutti i giorni le difficoltà restano enormi…». Sì, purtroppo è ancora così. C’è la realtà dei Giochi, delle grandi piscine e delle medaglie che risplendono e poi c’è un’altra realtà contro cui i disabili «gareggiano» quotidianamente. Ed è quella delle barriere, dei limiti architettonici che incontrano, delle scale che non riescono a scendere, dei negozi in cui non possono entrare, dei mezzi pubblici su cui non riescono a salire. Milano, città europea per vocazione e rappresentazione mediatica, non fa eccezione. Premiato tre anni fa da sindaco Beppe Sala con l’Ambrogino, Barlaam con questi ostacoli ci fa i conti, lui pure, tutti i giorni. Nato con una deformazione dell’anca e una ipoplasia congenita del femore destro che ha impedito all’arto di svilupparsi come l’altro e nei primi anni di vita lo ha reso fragilissimo, praticamente come il cristallo, dopo ben 12 interventi chirurgici ora cammina con una protesi alla gamba. Non è stato facile. Forse non lo sarà mai ma ha deciso che anche quella era una gara da vincere. Talento, tenacia, record e medaglie ed è diventato, come si dice oggi, un «testimonial» a tutto campo. Non solo del nuoto paralimpico. È l’immagine di una Milano dalla faccia pulita e sorridente, ottimista, di non si arrende alle difficoltà. Di chi non si ferma di fronte a un ostacolo. La differenza è tutta qui. Riuscire a rendere semplice ciò che invece non lo è affatto, riuscire a capire qual è il valore del sacrificio e non dargli peso perché ti viene facile, perché non lo vivi come una rinuncia. Allenarsi intensamente, stare sull’obiettivo e divertirsi il giusto esattamente come gli altri e più degli altri perché nello sport, nella vita, ovunque, nessuno ti regala nulla. E ciò che arriva te lo devi andare a prendere…