Qualche anno fa parlando di ciclismo con un collega  della Gazzetta concordammo su una verità: la bicicletta ha  senso solo quando c’è la salita. Non c’è discussione. Chi ama pedalare su una bici da corsa sa pefettamente quanto sia duro un allenamento di una settantina di chilometri magari da solo in pianura. Non ti passa mai. Sudi, pedali, cerchi di far finta che non ci sia vento ma alla fine sei sempre lì. Con il campo di granturco a fianco,  con la risaia, con l’infinita  fila di pioppi, con quel rettilineo che il riflesso del sole fa sembrare una via d’acqua. E smanetti sul cambio, rilanci alzandoti sui pedali, ti dai una bagnata alla testa con l’acqua calda della borraccia. Non serve a niente: <E’ la pianura baby…>. Ecco perchè la bici ha senso solo in salita. Certo ci butti l’anima su una serie di tornanti. Se li fai a tutta ti viene la nausea, dopo un quarto d’ora hai le gambe di marmo e vai così piano che vedi perfettamente i brecciolini sull’asfalto e gli insetti che ti attraversano. Però più sali e più ti senti meglio. Ti giri , guardi giù e all’istante hai la sensazione della scalata, della <tua> impresa. E allora ti viene forza, ti fai coraggio e ti alzi sul sellino,  riprendi a pedalare <agile> perchè così le gambe respirano un po’. In salita si è fatta la storia del ciclismo. In salita si vincono Giro e Tour. In salità ci sono i <tappponi> e la la gente resta per pomeriggi interi incollata alla tv.  E sempre in salita, durante un Giro d’Italia,  ho letto il più bello striscione mai scritto nella storia del ciclismo e forse dello sport. Dategli un’occhiata: l’ho messo in foto