Sinceramente la Cortina Dobbiaco non me la ricordavo tanto faticosa. Piove, non piove, fa freddo alla fine è stata una gara dove è uscito anche il sole e si è sudato molto. Dove non ci si è intruppati come molti temevano perché 4300 atleti al via non sono pochi e dove anche la discesa degli ultimi chilometri per chi non ne aveva più non è stata un gran sollievo. Così alla fine erano in tanti a camminare, a soffrire a sospirare l’ultimo chilometro davanti all’ingresso del Grand Hotel. E valeva la pena perché ad applaudire tutti, dal primo all’ultimo, dopo la svolta secca a destra negli ultimi 500 metri finali ci saranno state qualche migliaio di persone. Ed è la magia che poche gare sanno regalare. Ma questa “creatura” che Gianni Poli ha pensato e ora giustamente si coccola è davvero una gara speciale. Per chi la corre per la prima volta che resta a bocca aperta sotto le gallerie della vecchia ferrovia, sui ponti in legno che lasciano intravedere strapiombi da paura, davanti alla magia delle Tre Cime Lavaredo oggi seminascoste dalle nuvole. Una lunga lieve salita fino al Passo di Cimabanche e poi giù in picchiata verso Carbonin e Dobbiaco. Ma solo per chi è stato prudente, per chi non ha esagerato, perché la discesa è bella ma lo sterrato è insidioso quindi servono ancora tante gambe. Però per chi ne ha la planata è davvero esaltante. Si corre sullo stesso percorso della gara di mountainbike e anche se le velocità sono differenti la sensazione di andar forte è quasi la stessa. Ma la Cortina Dobbiaco è anche un via vai di facce note come quella di Silvio Omodeo che fa lo speaker e ti accompagna con la sua voce inconfondibile per tutto il fine settimana o come quella di Kurt Ploner che ritrovi a versare the e sali al ristoro dei 25 chilometri: “ciao vecio…”. Già gli ultimi cinque chilometri che per quanto mi riguarda, con uno stiramneto all’adduttore della coscia diventano un vero tormento ma che per altri valgono la corsa. Di tutti e in particolare di qualche amico. Come Alberto, alla sua prima vera fatica da runner, che finisce alla grande. Come Emilio che trova anche il tempo per farmi gli auguri. Come Luca che a 10 minuti dalla partenza è capace di divorarsi uno strudel e che per mezza gara fa da “balia” ad Adriana poi si scatena ma è troppo tardi e arriva dietro. La scusa ce l’ha ma alla fine arriva al traguardo con Anna e con tanto, tanto ritardo. Come Paola che si pianta sull’ultima salita ma alla fine ce la fa. Come Guido che si mette una maglia di troppo e alla fine paga il suo dazio o come Antonella che scopre che tra la Cortina Dobbiaco e la Milano marathon c’è una bella differenza, nel senso che qui è più dura. Il resto non sarà scritto negli annali ma è stampato sulle facce di chi ha la fortuna di poter restare in paese ancora una notte svicolando le code in autostrada: stanche, abbronzate e felici. E mentre Dobbiaco si svuota ci si gode lo spettacolo delle Dolomiti ancora avvolte dalle nuvole. Minacciose ma lontane. E un po’ infingarde. Visto che i meteorologi di quello che sarebbe dovuto succedere nei cieli dalla val Pusteria in questo week end non ci hanno capito devvero nulla. Beffati. Ed è stato meglio così, non serve neanche dirlo