sal2salSono rare la volte in cui vale la pena di dire “io c’ero”. Soprattutto ora, nell’epoca dei social, dove si condivide di tutto e di più e dove “io c’ero”  è per ogni cosa,  abusato e svilito. Perchè dire “io c’ero” significa sottolineare un evento che ha un valore assoluto. E non solo per sè.  Essere sugli spalti di uno stadio in una finale di Champions, al traguardo di un mondiale vinto da Peter Sagan,  ieri sul Civiglio quando è scattato Vincenzo Nibali tanto per fare qualche esempio. E ovviamente ognuno ha i suoi di esempi. Un buon criterio però potrebbe essere quello di dire “io c’ero” quando le cose ti restano dentro. Quando una maratona, una corsa, un viaggio ti lasciano un segno nell’anima. Uno dei dischi più belli dei Modena City Ramblers s’intitolava “Riportando tutto  casa” che significava esattamente questo: tornare con qualcosa da conservare, con qualcosa  che ti rimane. Spesso per sempre. Così scorrendo esattamente sette giorni dopo le immagini dell’Eroica di Gaiole in Chianti sembra  oggi che eravamo lì ad arrancare sulle salite sterrate, a godere della magia di un mondo che ha fermato il tempo, a sorprendersi per la ribollita, la finocchiona e il Chianti ai ristori. A domandarsi come facevano tanti anni fa  a pedalare sulle bici del tempo campioni che hanno scritto la storia.  A chiedersi come la crete senesi possano essere così belle. A stupirsi di come una corsa ciclistica possa trasformarsi in una Woodstock a pedali dove tutti, nessuno escluso, scrive un pezzetto di storia. Bene: io quest’anno all’Eroica c’ero. C’era anche mia moglie e c’era anche il direttore  Alessandro Sallusti che pensava fosse una passeggiata e invece, complici anche un paio di forature, ha scoperto che così non è. Eroici tutti. Ed Eroico anche Il Giornale.