Questo blog è nato a seguito di un trasloco. E oggi, sempre a seguito dell’ennesimo trasferimento (in verità consumatosi all’inizio dell’estate) torno a parlare di libri non nel loro specifico testuale. Bensì come oggetti voluminosi (e di peso). Spostare più di tremila libri da un appartamento all’altro, da una città all’altra, è una fatica enorme. Ed è inevitabile che alla fine ci si interroghi sull’utilità di circondarsi di tanti libri (molti dei quali, tra l’altro, non ancora letti). Un mese fa, complice la stanchezza e il fatto di non avere più posto in casa per tirar su l’ennesima libreria Billy, ho deciso di dotarmi di un e-reader. Ho aspettato di finir di leggere il terzo libro (digitale) per esprimere un commento su questo nuovo modo di leggere i libri (segnatamente i romanzi).

Diciamo subito che l’e-reader non può e non potrà mai sostituire i libri. Per tanti e ovvi motivi. Innanzitutto perché non tutti i titoli sono rintracciabili sul “mercato” dei titoli digitali. Soprattutto queli fuori commercio, quelli fuori catalogo, quelli rari che si trovano soltanto nelle librerie antiquarie o – se va bene e si è molto fortunati – nelle bancarelle.

Però l’e-reader ti aiuta a leggere senza angosce. Senza la paura di accumulare pile di libri che poi nessuno leggerà dopo di te. Perché è indubbio che non si vive di soli classici “senza tempo”. Abbiamo tutti bisogno di soddisfare le nostre curiosità sul “presente” del mercato editoriale. Vogliamo poter confrontarci con gli altri lettori e per farlo è necessario leggere i titoli mainstream, i romanzi che vanno per la maggiore. Non siamo obbligati, ovviamente, però lo facciamo volentieri perché in fondo leggiamo giornali, ascoltiamo radio e navighiamo su internet. Ed è così che si stimola la curiosità. E poi è anche molto piacevole confrontare le nostre reazioni con quelle di altri lettori. E se peschiamo all’improvviso un titolo minore di un romanziere “vecchio” di qualche secolo è assolutamente poco probabile che possiamo imbastire una conversazione su quel titolo, come faremmo sull’ultimo premio Strega o l’ultimo bestseller proveniente dagli Stati Uniti.

Ed è un grande vantaggio leggerli sugli e-reader perché possiamo subito placare la nostra curiosità. Il libro infatti si può acquistare immediatamente. All’atto stesso in cui nasce la nostra curiosità. Non abbiamo bisogno di uscire di casa e aspettare l’apertura dei negozi. E nemmeno attendere quelle 48/72 ore che ci mette un corriere a portarci il volume acquistato on line. Ci basta un wifi e il gioco è fatto. In una manciata di minuti il libro è già lì a nostra disposizione.  Ed è una sensazione davvero piacevole poter placare immediatamente questa sete. Forse il fatto di non essere un millennial mi fa sembrare tutto così straordinario. E le sorprese non sono finite. Perché oltretutto questi e-reader hanno incorporati anche dizionari bilingue e vocabolari così che anche le parole a noi sconosciute possano immediatamente diventare chiare e cristalline nel  loro significato. Senza doversi alzare dal tavolo per andare a tirar fuori dalla libreria pesanti dizionari. Anche stando comodamente stesi a letto o sdraiati sul divano è possibile compiere azioni che un tempo richiedevano una cosa su tutte: interrompere il flusso della lettura.

L’ultima considerazione è quella del prezzo. Questi titoli digitali costano in media dal 30 al 50% in meno dei corrispettivi cartacei. Anche questo è un ottimo incentivo. Con lo stesso budget, insomma, possiamo leggere il doppio dei libri. Risparmiando un sacco di tempo che prima dedicavamo all’acquisto. Per non dire poi del fatto che in uno di questi apparecchi grandi come un tascabile (ma molto più sottili e leggeri) si possono archiviare migliaia di titoli. Insomma una grande libreria casalinga ridotta al peso di un paio di etti.

ps

piccola postilla sul primo titolo letto con il mio nuovo e-reader. Si tratta di Lo stradone di Francesco Pecoraro (edito da Ponte alle Grazie). Mi ero infatti ripromesso di comprarmi in digitale quei titoli che non rischiavano di arrivare ai posteri grazie al loro spessore di “classici potenziali”. E invece ho sbagliato fin dal primo titolo. Il nuovo romanzo di Pecoraro (che aveva messo d’accordo la critica come autore rivelazione con il suo primo romanzo La vita in tempo di pace) è un potente affresco a metà tra il memoir e il trattato sociologico della nostra società. Le cui forti e stridenti contraddizioni vengono distillante nel piccolo ma paradigmatico quadrante scelto dall’autore. Che poi non è altro che il quartiere romano dove vive.  Un romanzo coraggioso dove l’autore offre un’impietosa disamina sulla nostra epoca consumista e prima di memoria, e dove  si mette a nudo anche  sé stesso senza reticenze. Già queste poche parole bastano a far capire che avrei dovuto prendere la copia cartacea e sistemarlo nella libreria di casa. Perché un titolo così, che parla di noi, del nostro mondo, delle nostre debolezze e delle nostre contraddizioni, per le prossime generazioni sarà sempre una lettura ricca di stimoli e suggestioni.

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