IMG_3976Carne sì, carne no. La verità, forse, sta nella frase che ha ispirato il Simposio Scientifico Internazionale dal titolo “Il ruolo della carne nell’alimentazione umana”, tenutosi a Roma la scorsa settimana, ovvero “Noi siamo quello che i nostri antenati mangiavano”. In effetti, riflettiamo: i primi uomini erano onnivori e per migliorare la loro qualità della vita si sono organizzati per cacciare, coltivare, pescare. Siamo arrivati fino al nuovo millennio e ora, per essere sostenibili (così si pensa), per moda, per credenze varie, si sta cercando di cambiare le nostre abitudini alimentari; che, in quanto abitudini, hanno permesso al nostro organismo di adattarsi sia alla digestione di certi cibi, sia all’assunzione delle loro proprietà nutritive. Pensiamo solo che se non avessimo mangiato la carne non avremmo potuto avere le capacità cognitive sviluppate nel tempo. Il livello di acidità che abbiamo sviluppato nello stomaco è differente da quello degli animali erbivori. Insomma, carne, uova, e latticini sono alimenti che si integrano col resto della nostra dieta garantendoci benessere e salute. Non è un caso che gli europei con i giapponesi vantino il primato delle popolazioni più longeve: noi abbiamo la nostra dieta mediterranea, gli orientali hanno la loro. I giapponesi bevono latte di soia, ma non sono predisposti geneticamente a digerire il latte vaccino, mentre noi europei, assumendo il latte di soia, impediamo l’acquisizione di minerali come lo zinco, molto importante per il nostro scheletro.  Durante questo convegno è intervenuta Lierre Keith, vegana pentita, raccontando parte della sua esperienza (che ha approfondito nel libro “Il mito vegetariano”): dopo essere stata coinvolta all’età di 16 anni da un’amica a seguire una dieta vegana, ha dovuto affrontare gravi conseguenze come malattie alla colonna vertebrale, ansia, depressione,  amenorrea: solo vent’anni dopo, reintroducendo la carne, con le sue proteine, il suo grasso e i suoi amminoacidi, è riuscita ad alleviare la sofferenza di uno stato di salute ormai minacciato. Sapete quante volte i pediatri dei nostri ospedali diagnosticano nei bambini casi di malnutrizione? E di ritardi neuroevolutivi, di rachitismo e di malattie che gli stessi medici, in una società così progredita, stentano a riconoscere? Insomma, nel pieno rispetto della libertà di ognuno, almeno informiamoci bene su ogni aspetto prima di decidere di affrontare un determinato regime alimentare.

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