Maratona di Rangoon, in Birmania si corre ma non per fuggire
Non più soldati e gente che corre per scappare, ma maratonetii per le strade di Rangoon. Per la prima volta la capitale birmana ha ospitato una competizione internazionale ufficiale. Ed è sempre lo sport, come spesso capita, la spia dei grandi cambiamenti. Lo sport ha segnato tregue e interrotto guerre, lo sport ha scongiurato conflitti. Grazie allo sport, grazie a una partita di ping pong finì la guerra fredda tra Usa e Cina. Ma è solo un esempio. Ed è così che una maratona diventa il segnale più concreto del graduale ritorno alla democrazia in Birmania. Centinaia di corridori provenienti da tutto il mondo si sono riversati domenica nelle strade che per molti anni sono state teatro della repressione dell’esercito contro la popolazione e le minoranze etniche. La folla ha accompagnato la corsa e c’è stata una grade festa quando il ventenne birmano Thaung Aye ha tagliato il traguardo al terzo posto. “Per noi è un grande onore poter dimostrare che Rangoon sta vivendo un momento storico di enormi cambiamenti in campo politico, economico e sociale”, ha detto Serge Pun, co-organizzatore della maratona. Ma Rangoon invasa, per la prima volta dai maratoneti è stata anche una sorta di “prova generale” prima dei Giochi asiatici del sud est, che dopo 44 anni, nel dicembre del 2014 si terranno in Birmania. Partiti all’alba dalla pagoda di Shwedagon, il monumento più noto di Rangoon, i maratoneti hanno dato vita a una gara che ha visto salire sul podio al primo posto il keniota Kariuki Gitau che ha finito il percorso in due ore, 19 minuti e 10 secondi ed intascato 2.500 dollari di ricompensa. Ma tempi e premi mai come questa volta sono davvero un dettaglio insignificante.