“Corri cinque volte la settimana? E dove lo trovi il tempo?”  Si trova, si trova… Basta volerlo e basta organizzarsi. E’ un taglia e cuci, un raffinato gioco di incastri. Così chi non è “del mestiere” , cioè chi non corre, resta stupito. E si sorprende se trova un collega che durante un convegno in un’altra città si alza alle sei del mattino, scarpette, calzoncini e via. Si sorprende se nella pausa pranzo, anzichè mangiare, racconti che vai al parco a correre. E si soprende se spieghi che la corsa non è puramente un esercizio fisico ma una vera filosofia, un esercizio zen che più che a muscoli e cuore fa bene alla mente. Però è vero. Ma è vero anche che siamo una tribù di malati, fissati, monotematici e monomaniaci. Convinti che il mondo si misuri con i tempi e i chilometri di una maratona, che le ore, i giorni e le settimane abbiano le cadenze dei nostri cronometri, che la nostra passione sia la passione di tutti. Così convinti che dopo un paio di minuti di conversazione, se scopri un varco nell’ attenzione di chi ti sta ascoltando, ne approfitti per parlare di corsa. Della tua corsa.  E ti sembra la cosa più normale del mondo, la più naturale, ovviamente anche la più giusta.  E non importa se a chi ti ascolta della maratona frega poco o nulla, se  finge interesse solo per educazione, se sorride solo per gentilezza. Non capisce? Capirà.