Val sempre la pena di ripetere una cosa importante. Il detto è stranoto: ripetere  aiuta.. Tradotto dal latino nel gergo più macheronico della lingua podistica si può dire allora che anche le  “ripetute aiutano”. Chissà perchè spesso quando corro mi viene in mente questa stupidaggine. Anzi, so benissimo il perchè. Le ripetute da 500, 1000,  1500, in salita, sui ponti e via dicendo (perchè poi ognuno ha le sue),  migliorano la forma e la resistenza di un podista. Servono a mettere a punto il motore, ad abituarlo a salire e scendere di giri, ad allenarlo a rispondere quando gli si dà gas. Non ci si deve fare troppe domande. E così, correndo al Sempione,  ogni tanto mi trovo a “ripetere” con un paio di miei amici di avventura. Un giro uno strappo, uno strappo e un altro giro  via così fino a sfinirsi con i muscoli gonfi e senza più un filo di fiato: “Giorgino…ma perchè lo facciamo?”. La risposta spesso non arriva chiara ma è sempre la stessa e ormai si intuisce: “Non lo so, non importa…ma fanno bene”. Sono anni che cerco di dare un senso a tutto questo. Di scoprire quale sia il mistero di una fatica davvero inspiegabile. Quali i benefici, la rilevanza tecnica, la logica.  Credo di aver capito, ma non ne sono cosi certo. Chiaro però che in tutta questa storia  viene fuori la vena un po’ masochistica che c’è nell’animo di ogni runner. Non c’è altro motivo. Altrimenti non si spiegherebbe il perche all’alba di una invernalissima giornata di pioggia mentre stai correndo da solo nel fango di una nebbiosissima campagna lombarda improvvisamente nella tua testa scatti l’irrefrenabile voglia di “fare le ripetute”.  Una , due, cinque, dieci senza nessun senso. Senza un perchè o solo perchè, come dice “il” Giorgino fanno bene. Repetita iuvant…Ma chissà a chi