Dalle Torri Gemelle alla maratona di  Boston,  alla redazione di Charlie Hebdo. Non c’entrano la cronaca, le immagini, il sangue, la gente che urla e scappa, il numero di morti e feriti.  Negli attentati non sono le somme a fare differenza. E’ l’angoscia. Sempre la stessa. Così restano i due Boeing che si infilano nei grattacieli di Manhattan,  le bombe che falciano gli atleti al traguardo della maratona più antica del mondo, le vignette insanguinate di un giornale satirico e quel poliziotto che chiede pietà sul marciapiede finito con un colpo in testa.  Si colpiscono i simboli perchè entrano subito nella storia.  Il World Trade Center, la Boston Marathon  per gli americani erano ( sono)   il simbolo della possibilità di farcela per tutti, nel lavoro o nello sport. La porta aperta per misurarsi con la propria capacità, l’opportunità da prendere al volo, un’ occasione senza distinzione alcuna di sesso, di razza, di fede. Con questo disegno chi ha ha colpito a New York e a Boston ha colpito a Parigi. Charlie Hebdo è un giornale  satirico. Ma non è la sua satira che dà fastidio. La posta in gioco è più alta. E’ la libertà che in uno Stato laico permette di fare satira su tutto, anche sulla religione. Piaccia o non piaccia queste sono le democrazie,  che avranno mille difetti ma anche qualche “piccolo” pregio… E la forza delle democrazie è che c’è sempre una speranza. Nonostante gli aerei impazziti, le bombe, i kalashnikov. Nonostante tutto. Se ne facciano una ragione, la democrazia non è un simbolo che si può abbattere. E dagli attentati ( anche se può sembrare assurdo)  prende più forza. Rinasce.  Gli americani hanno reso onore alle loro vittime poi si sono rimboccati le maniche e sono ripartiti. Proprio dalla maratona. C’era ancora la polvere delle macerie sulle strade quando nel 2001 i 40 mila runners invasero la grande mela in pantaloncini e scarpe da running. Una corsa contro il terrore e contro chi voleva metterli in ginocchio. E dietro quei 40mila c’era un Paese con le lacrime agli occhi, c’erano tutti quelli che  erano rimasti scioccati dalla mattanza e in qualche modo volevano urlare che non era quello il mondo in cui volevano vivere e far vivere i loro figli.  Stessa cosa a Boston. E la stessa cosa succederà a Parigi. Non una, non dieci, non cento ma mille vignette. Senza retorica. Anche se non non basteranno le vignette. Non basterà dire “je suis charlie” oggi, domani, dopodomani e poi ancora per qualche giorno. Facendolo diventare una moda, perchè poi sui social va sempre a finire così, come con le secchiate di acqua gelata. Servirà   fare qualcosa in più. Di concreto. Di quotidiano .Ogni giorno informandosi, leggendo, studiando, tramandandosi quel pezzo di cultura he ognuno ha, tenendosi cara la propria storia, condividendo le proprie identità.  Perchè le democrazie vanno difese. E un po’  anche così…