Le Tour deE ora incrociamo le dita. Ben forte, perchè  la vittoria di Fabio Aru al Tour, la prima, quella che mancava perchè alla Vuelta e al Giro è tutto già successo, non è una vittoria qualunque. Per come è venuta, con uno scatto a due chilometri e mezzo che ha sgretolato il gruppo dei campioni, dove c’erano tutti compreso sua maestà Chris Froome che ha “frullato” , ci ha provato ad andargli dietro ma poi si è dovuto arrendere anche se ha messo la maglia gialla. Per il sorriso al traguardo,  quello di un atleta sereno, magro, forte, “Con una maglia  tricolore che è bellissima- ha detto ai microfoni della Rai- e sono fiero di aver vinto così…”. Perchè a Planche des belles filles, tre anni fa, aveva vinto anche Vincenzo Nibali,  anche lui col tricolore addosso (piccolo, piccolo però…)  e poi è andata come è andata. Cioè come meglio non poteva. E allora bisogna cominciare ad incrociare le dita immaginando che le coincidenze alla fine non siano solo coincidenze, che da qualche parte ci sia scritto qualcosa che nessuno può sapere, che gli indizi siano solo l’inizio di un’impresa difficile ma non impossibile. E allora  bisogna che il Tour, ancora sotto shock per la squalifica di Peter Sagan,  cominci a pensare di fare i conti anche con questo ragazzo di San Gavino Monreale . Il  primo sigillo c’è. Ed è una stoccata micidiale.  Una stoccata di classe pura,  pensata, studiata. Forse sognata: “Io quando sto bene attacco e ho immaginato no so quante volte di vincere al Tour- racconta Aru al traguardo- Ed ora che è successo ancora non ci credo. Me ne renderò conto forse tra un paio di ore. Sì, ho avuto paura che mi riprendessero anche perchè l’ultima rampa era davvero terribile…”. Vista e rivista quella rampa. Anche lo strappo a due chilometri e mezzo dal traguardo dove è partito. Visto e rivisto come sempre, come ogni tappa, ogni vittoria, ogni sconfitta. Perchè il giovanotto non lascia nulla al caso,  dalle altimetrie delle tappe alla sua bici, dagli allenamenti all’alimentazione. Chi lo conosce lo sa. Si applica, si informa, studia…E da uno che ha fatto il liceo classico c’è anche da aspettarselo. Non servono latino e greco per pedalare. Serve il metodo, serve la capacità di applicarsi,  di mettere insieme i pezzi della propria volontà come se fossero le frasi di una versione che non viene sempre al primo colpo, che un po’ bisogna girarci attorno, magari anche sbagliare. Poi però quando tutto torna a posto ci si alza sui pedali e non ti prendono più…