I “buffoni” del Monte Bianco
«I buffoni del Bianco sono ancora qui…». Il Bianco è il Monte Bianco e chi non usa mezze parole per raccontare chi sono i nuovi turisti della montagna è Jean-Marc Peillex, sindaco della città Saint-Gervais in Alta Savoia, punto di partenza della salita che dal rifugio Gouter porta agli oltre 4800 metri della cima.
Peillex ama la polemica e non è nuovo a queste uscite «Ferragostane» e già l’anno scorso si era impuntato per cercare di vietare le salite a chi non era attrezzato di tutto punto senza pensare poi che uno può essere attrezzato finchè vuole ma se non è mai andato in montagna rischia la vita lo stesso. Ma tant’è. Il problema c’è e la storia è un po’ la solita e cioè il comportamento irrispettoso e pericoloso di chi si avventura in alta montagna come se andasse a fare un scampagnata fuoriporta, di chi si improvvisa, di chi non ha rispetto per le minime norme di sicurezza e dei luoghi e di chi con la cultura della montagna ha poco da spartire.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è di pochi giorni fa quando una guida francese è stata presa a pugni da un gruppo di alpinisti dell’Europa dell’Est perchè non si è fermato per lasciarli passare. Capita. Forse è sempre capitato. Ma il tweet del sindaco ha raccontato di uno «sgarro» da bulli come l’ultimo di una serie di «sfregi». Pugni, spintoni insulti a guide colpevoli di far notare agli alpinisti i loro comportamenti scorretti sono all’ordine del giorno ormai. All’inizio dell’estate una squadra di spagnoli avrebbe aggredito una guida francese che li aveva superati spingendola in un fosso e un’altra guida sarebbe stata picchiata in un rifugio per aver fatto notare ad un alpinista che si stava facendo un selfie con scarponi e piccozza che così non poteva entrare.
Una lunga lista che si aggiunge alle «leggerezze» di chi parte per la vetta pensando che sia normale portar con sè il cane, di chi sulla cima pretende di piantare tenda o paoli di 10 metri per issare bandiere, di chi si avventura senza ramponi, senza corde di sicurezza o addirittura in scarpe da ginnastica sulla creste ghiacciate. «A ciò si aggiunge il fenomeno delle guide abusive – continua il sindaco di Saint-Gervais che non hanno le competenze ma soprattutto nessun diritto di stare qui…».
In estate sul Bianco dal rifugio Gouter salgono in media 80 alpinisti al giorno, un via-vai reso più rischioso in questi giorni da una eccezionale ondata di caldo che a luglio aveva portato il sindaco Peillex a minacciare la chiusura delle salite. Pochi giorni fa sulla via normale della Tour Ronde, a quota 3500 metri era dovuto intervenire l’elisoccorso per salvare un’alpinista inglese di 27 anni che, durante la salita lungo la cresta sud-est, era rimasta incastrata con entrambe le gambe sotto un grosso masso. Le guide del soccorso alpino valdostano erano poi riuscite a liberarla e a portarla in ospedale dove e stata ricoverata con alcune fratture. Era finita in un dramma invece la spedizione di tre ragazzi italiani scomparsi nella crepacciata terminale della Petite Aiguille Verte (3.512 metri) sul versante dell’Aiguille d’Argentiére. I tre Luca Lombardini di 31 anni, la sua fidanzata 27enne Elisa Berton e suo fratello Alessandro, di 28 anni sono stati trovati in un crepaccio. Le ricerche erano scattate mercoledì.
«Una volta la montagna era dei “montagnari“ che lavoravano negli alpeggi o degli alpinisti. Oggi è di tutti e ciò comporta una serie di problemi che vanno dalla sicurezza, alla cultura, al rispetto delle regole perchè molti non conoscono la grammatica…». Ma per Emilio Previtali, personaggio del mondo delle montagna già direttore di alcune riviste specializzate ed oggi responsabile editoriale del bimensile «Al Vento», il fatto che in tanti si avventurino su vette e salite è solo un bene. «La differenza la fanno le persone e il modo di porsi – spiega – Certo molti non hanno storia e cultura e non si rendono conto che le parole d’ordine in questo mondo sono la solidarietà e l’autosufficienza, quelle che ti permettono di riportare a casa lo zaino… In montagna non valgono le regole della città dove di solito deleghiamo. In montagna su sicurezza e soccorso dobbiamo rispondere in prima persona. Se le cose si mettono male non è che si può alzare un braccio e fermare tutto». Ma un conto è l’alpinismo, dove il pericolo quando si è appesi a una parete è evidente, reale. «Il problema è che oggi la montagna non è solo l’alpinismo – spiega Previtali – É diventata trail, mountainbike, running, ciaspolate dove apparentemente il pericolo non c’è e invece esiste eccome… Una volta quando si cominciava a spiegare i rischi c’erano i corsi del Cai, un amico esperto oppure ci si affidava alle guide. Oggi il mestiere della guida è diventato difficilissimo, perchè la montagna è diventata tante cose insieme e per proteggere tutti servirebbe Batman…»