20bridgessab2sabE poi quando sei li vai.  Devi andare. Un paio di bracciate, tre, quattro e la testa che si alza quel tanto che basta per capire che la direzione è quella giusta. Per farti il giro dell’ “isolotto” di Mahattan, per non fare neanche un metro in più, o  almeno provarci quando si è sballottati come nella centrifuga di una lavatrice tra le correnti  dell’Harlem River, dell’Hudson, dell’East river. Il cielo è grigio e l’acqua ancor di più nella mattina newiorchese. E tutta sta voglia di tuffarsi magari non c’è ma è la tenacia che vince.  Vince sempre. Sabrina Peron, avvocatessa milanese con laurea anche in filosofia, la Manhattan Island Marathon Swim ce l’aveva in testa da un pezzo. Non un chiodo fisso, perchè nella vita ci sono cose più importanti, ma un pensiero ricorrente di quelli che un po’ ti tormentano e che quando ce li hai dentro non ti escono più e allora te lo devi togliere. Via. Per cancellare i pensieri e per non avere il rimorso, chissà mai quando, di non averci provato. Via per mettersi alla prova sui 46 chilometri che fanno il giro delle acque di New York,  insidiose come solo accade quando Oceano e fiumi si mischiano, intrecciano le loro correnti, tra un freddo e un caldo che ti porta spesso dove non vuoi andare. Via per scrivere una pagina importante nella storia di questa sfida dei Venti ponti organizzata dalla New York Open Water (NYOW), che l’ha ripresa in mano a partire dal 2016, dopo che il precedente organizzatore, la NYC Swim aveva cessato l’attività. Insieme alla traversata della Manica e a quella dello Stretto di Catalina, fa parte del circuito della Triple Crown ossia delle tre storiche ultra maratone di nuoto dove mai nessuna donna italiana aveva  osato e dove  ogni anno vengono ammessi solo 15 nuotatori. Qui vince chi vince ma vincono tutti quelli che arrivano e anche chi ha solo il coraggio di provarci. Un’impresa da una decina di ore di nuoto se non ci sono troppe correnti che in un attimo diventano anche tredici o quattordici e dove ogni nuotatore viene costantemente scortato da una canoa.  Sabrina Peron è arrivata al traguardo in 8ore 19minuti e 34 secondi. Che alla fine contano anche i secondi perchè dicono più di quanto si possa immaginare. Ripagano sacrifici e fatiche, le vasche alla Canottieri, le levatacce all’alba, le domeniche a sbracciare mentre la gente “normale” chiacchiera di fronte a un aperitivo o si gode una mostra. Scelte. E tutto un togli e metti di toghe e di mute,  un gioco di incastri tenuto insieme da una passione infinita. Che alla fine però paga e fa la differenza. Tre anni fa infatti è stata la prima donna italiana ad attraversare lo stretto di Catalina, 33 chilometri che separano l’isola da Los Angeles. Prima era toccato a quello di Gibilterra, a quello Messina ed alla traversata del Bosforo. Due anni fa con l’atleta paralimpico vicentino Enrico Giacomin, ha coperto a nuoto quasi 23 chilometri dall’isola di Vulcano a Milazzo e all’inizio dell’estate i 53 chilometri da sul Po che portano da Cremona a Casalmaggiore. Ora è la prima italiana ad essere passata a nuoto sotto i venti ponti di Manhattan. “Non sono nata in un paese di mare- raccontava  in una intervista pochi mesi fa – ma la passione me l’ha trasmessa mia madre siciliana che ogni estate mi riportava nella casa dei nonni per le vacanze. Ricordo che un giorno andammo ad applaudire una donna che attraversava lo Stretto di Messina. E lì scattò la scintilla.  Non ho più smesso anche se ancora oggi ognivolta che mi ritrovo a nuotare al largo mi chiedo: ma io che ci faccio qui?”