Lo sport nelle carceri è una sfida nella sfida.  Uno strumento in più per garantire il benessere psicofisico dei detenuti, per scaricare le tensioni e per favorire l’aggregazione anche perchè molto spesso le attività sportive coinvolgono le guardie penitenziarie.  Qualsiasi opinione si possa avere,  lo sport resta un diritto di tutti e in carcere diventa l’occasione in più per ritrasmettere i valori fondamentali del vivere civile, il rispetto delle regole con l’unico limite di dover coniugare l’attività sportiva con le disposizioni delle carceri e le misure di sicurezza. Sono quasi trent’anni che la Uisp, l’Unione italiana sport per tutti, segue progetti sportivi nei penitenziari e a Milano,  tra Opera, Bollate e il Beccaria dai tornei di calcio a quelli di tennis, dalle attività in palestra alle gare di atletica le iniziative sono sempre state parecchie e partecipate.  Un lavoro non semplice che ha visto il carcere di Bollate spesso all’avanguardia e non è un caso infatti che proprio qui sia stata inaugurata pochi giorni fa la prima pista di atletica all’interno di un penitenziario nel nostro Paese. Abbattere i muri e correre quindi, grazie ad un progetto del Politecnico di Milano che ha pensato di rivedere gli spazi intervenendo  sui cosiddetti cortili di passeggio, vaste aree limitate e caldissime che nell’anedottica storica sono quelle dove ai reclusi viene concessa l’ ora d’aria.  Un’idea e un’intuizione. Sono stati fatti dei buchi nei muri ed è  spuntata la pista. La firma è quella dell’architetto Andrea Di Franco, docente del “Poli” che, con il suo gruppo, fa ricerche sull’architettura con finalità sociali. Negli istituti di pena la maggior parte dei detenuti ha problemi di salute e mentali e allora si è pensato di andare oltre la classica palestra creando uno spazio “open” che consentisse attività aerobiche di gruppo facendo breccia nel cemento armato. La pista di atletica evoca la libertà di correre e quindi eleva lo sport oltre la pratica fisica. Per demolire e costruire c’è voluto un lavoro collettivo, sono stati consultati esperti di sport e ovviamente di sicurezza, si sono presi contatti con l’amministrazione regionale, sono poi arrivati i fondi e le imprese si sono messe al lavoro. Non solo le imprese però. A costruire la loro pista ci si sono messi anche i carcerati. Sfida nelle sfida anche questa. Perchè, sarà anche retorica, ma lo sport rende più liberi.