«Finalmente sono in pensione, ho tutto il tempo che voglio tempo e quindi ho deciso di fare ciò che ho sempre sognato: vado in Sierra Leone in bici…». Roberto Peia, 67 anni, padre di tre figli «sistemati» e nonno di due nipoti avrebbe potuto starsene tranquillo a Milano, magari dando ogni tanto una «controllatina» ai cantieri della M4 che, anche se lentamente, stanno avanzando. E invece il 17 settembre parte per l’Africa. Quasi novemila chilometri in cinque o sei mesi fino a Freetown in Sierra Leone a portare solidarietà e (si spera) donazioni ai medici del Cuam, una associazione sanitaria di volontari che è lì da 70 anni, che ha sfidato Ebola e guerra civile e dove il più grande dei suoi figli lavorava come pediatra. «Sì il motivo è quello- racconta- Mi piacerebbe che questo viaggio servisse a dare visibilità all’attività di questi medici che in cinque ospedali si trovano quotidianamente ad operare anche in condizioni estreme». Ma non solo. Nel lungo tragitto che lo vedrà partire dalla sua abitazione di San Donato e, dopo una prima tappa a Castellania (il paese di Fausto Coppi), scendere lungo il mediterraneo fino a Gibilterra per poi imbarcarsi verso il Marocco, ci sarà tempo anche per fermarsi in Senegal. «Si qui mi fermerò a far visita Senegol, l’associazione fondata da Tommaso Goisis che attraverso lo sport, in questo caso il calcio, aiuta e toglie dalla strada i bambini di quel Paese».
Roberto Peia nella vita ha fatto molte cose. Il giornalista professionista, l’addetto stampa, è stato tra i primi ad «accogliere» Internet in Italia nella redazione di Virgilio.it e poi è tornato alla passione della sua vita: la bici. «Ho fondato sedici anni fa a Milano gli Urban Bike messengers, la prima compagnia di corrieri che facevano consegne pedalando- racconta- e poi una decina di anni fa ho aperto “Upcycle“, il primo bike-cafè della città, un luogo dove poter mangiare e bere bene, ma soprattutto dove abbiamo fatto cultura del pedale, ospitando eventi e serate con campioni come Moser, Bettini, Cassani e grandi cicloviaggiatori come Omar de Felice o Willy Mulonia. Diciamo che la voglia di fare un grande viaggio in bici mi è venuta anche ascoltando i racconti di chi pedalando ha girato il mondo…». Dicevano gli anziani tanti anni fa che «la paglia vicino al fuoco brucia…» e così è arrivata la decisione di partire in bici per l’Africa: «Se non lo faccio adesso non lo faccio mai più- spiega Peia- Anche perchè ora ho tutto il tempo che mi serve, non ho smanie di prestazione e, forse anche grazie alle mie attività precedenti, ho tanti sponsor che quando hanno saputo di questo progetto mi hanno aiutato a realizzarlo. C’è chi mi ha fornito la bici, chi le gomme, chi gli attrezzi per la manutenzione, chi la tenda e chi tutte le apparecchiature elettroniche di navigazione. Ora non mi resta che pedalare…». Non sarà semplice. La bici «attrezzata» da viaggio peserà una quarantina di chili e bisognerà spingerla sperando che il vento non soffi in faccia e che, soprattutto in Africa, il meteo sia clemente. «Certo un po’ di ansia c’è ma non ho grandi paure- spiega- Ho studiato il percorso in modo di evitare le zone più pericolose anche se ovviamente qualche rischio c’è. Ma ad essere sincero la preoccupazione maggiore che ho è quella di gestire l’elettronica per comunicare, per raccontare il diario quotidiano del viaggio che mi serve per raccogliere fondi e dare visibilità alle associazioni che voglio sostenere attraverso il sito “peiapedala.it“. Sono un “boomer“ e quindi un po’ mi preoccupo…».