Lo sport cambia la cultura di un Paese, è un ottimo deterrente contro la violenza giovanile ma è soprattutto un’ ottima medicina per combattere virus e malattie il che, facendo due conti, fa risparmiare anche un sacco di soldi spesi in farmaci e ricoveri. Così si dice e così funziona ma ora, a dare supporto, arrivano anche un po’ di dati.

La chiusura delle attività sportive durante i mesi di lockdown, tanto per fare un esempio, non ha avuto efficacia nel ridurre il contagio da Covid in bambini e adolescenti e, nello sport, è stato «inutile» così come l’uso della mascherina, anzi, addirittura dannoso. È quanto emerge da uno studio, dello Ieo, l’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con Uisp, Unione Italiana Sport per tutti recentemente pubblicato sulla rivista Int J Environ Res Public Health.

La ricerca spiega come le mascherine utilizzate da chi fa sport non abbiano avuto alcun impatto sul contenimento del SARS-CoV-2 ma siano anche state dannose e ciò si spiega con il fatto che, utilizzate durante l’attività sportiva, bagnandosi e sporcandosi abbiano in molti casi aumentato la proliferazione di colonie fungine e batteriche: per questo l’American Academy of Pediatrics ne ha sconsigliato l’uso. Lo studio ha inoltre dimostrato un minor rischio di contagio tra gli sportivi grazie al miglioramento del sistema immunitario che ha protetto gli atleti sani dall’infezione grave e ad un maggior controllo e monitoraggio degli allenamenti all’interno di centri sportivi organizzati: tra le misure preventive utilizzate, il triage all’ingresso e il divieto di utilizzare spogliatoi e docce sono state quelle più efficaci. È stata inoltre esclusa l’ipotesi che il Covid-19 potesse essere diffuso dai giovani atleti ai familiari conviventi più fragili, paura che è stata uno dei motivi principali della chiusura delle attività sportive negli scorsi anni.

«Lo stile di vita, che va dall’attività fisica alle abitudini alimentari, sono elementi chiave nella salute delle persone che influenzano tutte le patologie croniche, incluse quelle oncologiche, per cui è fondamentale acquisire buone abitudini fin dall’infanzia. – afferma Sara Raimondi, epidemiologa allo Ieo e primo nome dell’articolo – Il nostro studio ha evidenziato come la chiusura delle attività sportive abbia portato ad un aumento del peso corporeo e abbia ridotto la percentuale di bambini e ragazzi che avevano un adeguato livello di attività fisica rispetto alle raccomandazioni dell’OMS.». La ricerca ha permesso di scagionare quindi le attività sportive, in particolare quelle organizzate, dalla responsabilità su incrementi significativi di contagi da Covid-19, suggerendo anzi un possibile effetto protettivo forse riconducibile sia ad un miglioramento delle difese immunitarie degli atleti, sia allo svolgimento di attività in contesti controllati e con applicazione di misure preventive. Non solo.

Sono stati indagati anche l’impatto e i rischi che la chiusura delle attività sportive hanno avuto sulla vita quotidiana e il benessere psicofisico di bambini e giovani dai 6 ai 25 anni. Grazie alla collaborazione con società sportive e associazioni sportive quali UISP Lombardia, CSI, FIN Veneto e FIGC, è stato valutato attraverso una serie di oltre duemila questionari l’equilibrio di bambini e ragazzi: più alto si è rivelato il benessere psicologico per chi si è allenato almeno due volte a settimana, peggiore per chi non ha praticato sport, in particolare nei maschi e in chi utilizzava dispositivi elettronici per più di due ore al giorno.

«I dati forniti dallo studio IEO ci aiutano a capire come gestire il mondo dello sport durante le prossime ondate di Covid-19 e anche nell’eventualità di future nuove pandemie – spiega Geraldina Contristano, presidente di Uisp Lombardia – Grazie a questo studio sappiamo quali sono i protocolli di prevenzione efficaci e quali invece risultino invece non funzionali. Tra questi ultimi sappiamo esserci il lockdown dello sport».