Ci sono provvedimenti che al di là di chi prima li fa, delle cifre, delle parti politiche che li approvano sono passi in avanti di civiltà. Soprattutto in un Paese dove, fino a poco tempo fa la disabilità nello sport, soprattutto in quello dei ragazzi e in quello amatoriale, rappresentava e purtroppo ancora rappresenta una barriera insormontabile a volte culturale, molto più spesso economica perchè le protesi hanno costi altissimi. E allora ben venga la delibera approvata questa mattina dalla Giunta regionale della Regione Lombardia che ha stanziato 947mila euro che potranno essere utilizzati come contributi  per l’acquisto di ausili e  protesi per le persone con disabilità dai 10 anni in su  che praticano attività sportive amatoriali.  “Personalmente mi auguro che il fondo si esaurisca in tempi brevi  – spiega l’assessore al Welfare Guido Bertolaso che con la collega dello Sport Lara Magoni è stato uno dei promotori – perchè ciò vorrà dire che la partecipazione al bando sarà massiccia”.  i Fondi saranno messi a disposizione delle Ats e potranno essere richiesti da persone residenti in Lombardia, amputate, affette da paraparesi, paraplegia o tetraparesi, oltre agli invalidi civili, di età compresa tra i 10 e i 64 anni. E’ prevista una valutazione dei requisiti per accedere ai bandi, insieme a una valutazione clinica funzionale e la protesi fornita sarà distinta da quella a uso quotidiano, destinata esclusivamente all’attività sportiva. “Dalla mia esperienza di guida per non vedenti, bambini autistici e down – ha racconta l’assessore Magoni – nasce il mio interessamento a queste problematiche su cui oggi emerge la grande sensibilità della Giunta regionale. Nella nostra mission lo sport, che deve essere inclusione, è pilastro fondamentale della nostra azione di governo. Il provvedimento di oggi è l’avvio di un percorso che ci vedrà protagonisti ancora in futuro, con altri provvedimenti, per poter dare gli ausili ai nostri bambini delle scuole primarie. Non possiamo pensare a un campione paralimpico che inizia a praticare una attività sportiva a 15 anni. Con le difficoltà di una paresi o di una schiena bifida potranno, invece, iniziare a essere coinvolti prima nell’attività fisica, a giocare a tennis, sciare, in modo alternativo.  Promuovere lo sport significa non lasciare nessuno nell’angolo e avere domani anche campioni paralimpici straordinari”. Non solo. Dare a tutti la possibilità di fare sport è il modo migliore per far crescere la cultura di un Paese, il modo che meglio di tante altre chiacchiere spiega quanto la vera disabilità sia molto spesso solo negli occhi di chi guarda, di chi non comprende che dalle diversità si può solo imparare. E crescere. «Per me l’acqua è amica-  raccontava qualche tempo fa in un’intervista sul Giornale Simone Barlaam, campione di nuoto paralimpico- Non la combatto perché non sa se tu hai due braccia e due gambe, se sei diverso, se hai una gamba sola. Per questo credo che continuare a differenziare lo sport tra “normale” e “paralimpico” sia ormai fuoritempo. Lo sport è fatto da persone e ovviamente da atleti questo è ciò che conta. E l’acqua è l’unico posto dove la disabilità non esiste…”.