Tadej Pogacar arriva sul traguardo di Bassano del Grappa e fa un inchino. Festeggia così la sua sesta vittoria e la vittoria nel Giro 107  che finisce qui a Bassano, nella città degli alpini, se mai era cominciato. Un Giro senza storia però splendido, uno dei più belli, reso nobile e ingigantito dalle imprese di questo fenomeno che non si è mai risparmiato, non ha fatto calcoli, non ha mai speculato, non ha pensato al Tour che verrà, alle doppiette, che ha addirittura preso qualche rischio di troppo mettendosi a tirare le volate. Un Giro corso per i suoi tifosi sloveni che oggi sul Grappa erano in migliaia, per i tifosi tutti, per sè e per il ciclismo. Da Oropa al Monte grappa non ha avuto rivali. Troppo forte, troppa classe, troppo tutto. Tadej Pogacar non è Eddy Merckx o Bernard Hinault,  nè cannibale, nè tasso o chissà cos’altro a cui lo si voglia avvicinare. Non ha paragoni perchè non è nulla di ciò che è già stato e si è già visto. Tadej Pogacar è Tadej Pogacar, unico e inimitabile e così racconta e racconterà nei prossimi lustri uno sport di cui è un testimonial fantastico, di cui è il migliore degli spot possibili, di cui come si dice oggi è l’influencer perfetto. C’era un volta il ciclismo ruvido di grandi campioni che vincevano e dividevano, delle grandi sfide fatte di polemiche, di liti e di “sgarri”. C’è oggi  il ciclismo di Tadej  che mette d’accordo tutti o quasi anche se sembra la negazione di uno sport che è sempre vissuto di rivalità ed invidie. Invece è un ciclismo elegante anche quando le pendenze si fanno impossibili e gli altri arrancano,  un ciclismo certificato da un talento assoluto e dai modi educati di chi vince e stravince senza umiliare gli avversari, senza sbruffonate, senza arroganza. Un ciclismo che affascina e che crea dipendenza. Che piace anche a chi di ciclismo poco o nulla comprende e pure a chi pedala in gruppo, a chi viene battuto, a chi è costretto ad arrendersi ma che a fine tappa rende onore al più forte e magari torna in albergo felice con occhiali e maglia rosa, come un fan qualsiasi. Pogacar oggi sulla doppia ascesa del Grappa ha dovuto “combattere” più che con Thomas, Martinez e compagni con i tifosi che lo hanno affiancato, smanacciato, affumicato con fumogeni rosa per troppo amore o per troppa maleducazione come forse è più giusto dire. Ha tirato dritto finchè ha potuto, poi ha sbandato, si è stufato, si è arrabbiato fino a ritrovarsi finalmente solo, fino ad in incontrare sulla sua strada un bambino a cui ha messo tra le mani la borraccia che proprio in quel momento gli stava passando un massaggiatore della sua squadra. Un gesto che per il piccolo tifoso vale un sogno, vale più di mille parole, che vale una tappa, che vale forse anche un Giro, che racconta con tutta la retorica che serve in questi casi come si immagina che siano i campioni da prendere ad esempio.  Un gesto che racconta un ciclismo che vola alto e leggero  come il pedalare di questo ragazzo con il ciuffo che  sembra volare dove tutti gli altri arrancano.