Lotta al doping? Bene ma non benissimo verrebbe da dire leggendo il rapporto finale dell’International Testing Agency (Ita) sul programma di monitoraggio dei controlli antidoping condotto prima delle Olimpiadi di Parigi 2024. Dai dati emerge che il 10% degli atleti partecipanti ai giochi non è stato sottoposto a controllo antidoping nei sei mesi precedenti l’evento. Su 10.720 atleti, 1.108 non sono stati testati. Nella suddivisione  per continenti dove emerge che il 30% degli atleti africani presenti alle Olimpiadi non è stato controllato. Seguono con il 19% l’Oceania, le Americhe all’11%, l’Asia al 7% e l’Europa al 6%. Dei controllati, il 59% è stato sottoposto a test dalla rispettiva agenzia nazionale antidoping e il 41% dalla Federazione internazionale. Nelle delegazioni nazionali superiori a 300 atleti, spicca l’Australia col 13% di atleti che non sono stati sottoposti a controllo, seguita dalla Gran Bretagna col 7% e Francia con il 6%. L’Italia è all’1%, ovvero 3 atleti su 403 presenti non testati. Il Comitato olimpico nazionale che ha inviato ai Giochi quasi la totalità di atleti non controllati è stato quello del Mali al 91%, ovvero 21 non controllati su un contingente di 25. Segue lo Zambia con il 68%.  Bene ma non benissimo quindi perchè è chiaro che esiste una lotta al doping a due velocità con controlli più diffusi e capillari nelle nazioni per così dire più evolute ma che in realtà sono quelle più ricche e che all’antidoping destinano più fondi. E allora vale una riflessione che riguarda, non gli atleti professionisti che è giusto, giustissimo vengano controllati ma gli amatori. I controlli antidoping nel mondo amatoriale non sono pressanti e frequenti ma ci sono. E comunque assorbono strutture, persone, soldi. Tutte “energie” che sarebbe meglio fossero utilizzate per dare a tutti quei Paesi che non se lo possono permettere la possibilità di controllare i loro atleti professionisti. Se non ci sono soldi a sufficienza per controllare i professionisti non si dovrebbe spendere neppure un centesimo per farlo tra gli amatori. L’antidoping tra gli amatori è una risorsa sprecata. Primo perchè è assurdo che un amatore faccia uso di doping, perchè è difficile capire quale sia la molla che scatta nella testa di chi decide di giocarsi la pelle per mettere la sua ruota davanti a quella di tanti altri tapascioni .  Il problema del doping tra gli amatori, al di là di come ognuno la pensi, dovrebbe essere un “non problema”. Federazioni e autorità antidoping dovrebbero preoccuparsi di investire denari e energie per controlli non tra gli amatori che scimmiottano i campioni ma tra i professionisti e giovani, perchè l’attività agonistica è roba loro. Nel mondo amatoriale vale la buona regola dello sport come divertimento, benessere, anche come sano agonismo perchè è bello “suonarsele” tra amici ma il premio non può che essere una pizza o una bevuta. E chi non si arrende o non ci arriva è libero di “bombarsi” per vincere il trofeo del mobilificio, il prosciutto, un paio di provole… E’ una piaga fetente quella del doping  “fai-da-te”. Ma è a proprio rischio e pericolo, quindi non vale la pena di perderci tempo e denari