5273-3Ci sono storie e imprese che più di altre si prestano al racconto. E vale anche per lo sport. Da sempre il ciclismo è “terra” di scrittori.  Cominciò nel  1949 Dino Buzzati  che con le sue cronache al seguito del Giro firmò un capolavoro senza tempo. Non raccontò solo una corsa. Raccontò la festa di popolo di una nazione appena uscita dalla guerra  e un momento di orgoglio nazionale. Venticinque cronache in cui s’incastonò come una perla la sfida tra Bartali e Coppi, due anime d’Italia, due pezzi di un Paese diviso, forse anche due filosofie di vita. Ma Tour de France, Giri d’Italia, Parigi-Roubaix sono già da sole il romanzo della vita in cui si mescolano impresa, passione, fatica, gioia e sofferenza. E quando il tema è il ciclismo, il suo racconto assume immediatamente la forma del mito. I ciclismo è l’humus perfetto per i temi e i tempi della narrazione. C’è il gruppo, la massa dei ciclisti, compatta e irresistibile come una forza di natura che avanza in un eccitante dinamismo. C’è l’eroe solitario, il campione cui spetta di compiere l’impresa sovrumana. Ci sono i passisti, i velocisti  che esaltano un mito caro all’uomo da sempre come la ricerca della velocità. Ma ci sono soprattutto gli scalatori, figure a metà tra gli uomini e gli eroi capaci di imprese ai limiti delle possibilità umane pagate però non con la lievità degli dei ma con sonante fatica terrena. E poi ci sono i gregari, fedeli ai loro capitani  che li accompagnano fin dove possono, fin dove le forze li sostengono in una sorta di sacrificio antico spesso incomprensibile in tempi dove impera l’egoismo e dove la fedeltà non è più un valore. Intorno c’è tutto il paesaggio che solo il ciclismo sa regalare, magico e vivente, non la scatola chiusa di uno stadio. Ci sono le salite, le montagne, ci sono spesso la pioggia e la neve a rendere tutto più epico e drammatico. E del paesaggio lo scrittore ferma sempre la natura e l’anima, la geografia fisica ma anche la storia, il costume, la cultura; tanto che alcune località, destinate a restare anonime, diventano immortali grazie allo scorrere del serpentone, come certi passi sconosciuti di montagna teatro di scalate infernali.  Ma il ciclismo si raccnta con le imprese dei suoi eroi ma anche (tantissimo) con ciò che gli sta attorno. C’è la ‘carovana’  da raccontare. Ed è vita, sono storie, sono umori, sono facce, mani segnate dal lavoro, gente semplice e sincera, sono vino e salamelle.  Così, per questa appartenenza al campo del mito ben oltre la povera realtà ordinaria, le migliori cronache del ciclismo sono opera di scrittori. Ed è questo il criterio che guida  “Hai voluto la bicicletta…il piacere della fatica” un’ antologia edita da Sellerio  che raccoglie racconti ciclistici di giornalisti che sono in realtà grandi narratori. Storie di corse in bicicletta, di sprint e volate, di fuoriclasse e comprimari. Da Vasco Pratolini a Piero Chiara, da Curzio Malaparte a Gianni Brera, da Gianni Mura  a Orio Vergani,  Rino Negri, Alfredo Oriani,  Mario Soldati, Giovanni Testori, Manlio Cancogni, Marco Pastonesi. Tutto in un colpo di pedale, in una fuga, nella smorfia di un campione che si stacca, nella gioia di chi è ancora felice per essere arrivato primo e ringrazia con la faccia sporca di fango. Sembrano cronache sportive. In realtà è letteratura….