Immaginiamo un gaudente invitato nella cucina di un grande cuoco. Questi non solo rivela i segreti della propria arte ma, in un afflato di generosità, mostra alcuni piatti arrivati dai suoi più illustri colleghi.  Li fa assaggiare al felice, fortunato e goloso gaudente e poi racconta nei dettagli come e perché si è arrivati alla “sintesi” del piatto.

L’uomo seduto a tavola assaggia tali prelibatezze mentre accanto a lui, con voce morbida e profonda lo chef racconta la genesi del piatto e la ragione della scelta degli ingredienti. Non credo che per gli appassionati della tavola ci possa essere qualcosa di meglio. Ed è un po’ quello che succede agli amanti della buona letteratura nel tuffarsi tra le pagine di Lezioni di letteratura  di Vladimir Nabokov (Adelphi). Non si tratta della solita raccolta di saggi. Non c’è nulla di pedante e di accademico. Nabokov parla di Jane Austen, Gustave Flaubert, Charles Dickens, Marcel Proust e James Joyce come di compagni di viaggio e di avventure. Giustamente come dei colleghi. Senza timori reverenziali, senza sovrastrutture teoretiche o ideologiche. Offrendo un’idea originale, semplice e sincera di cosa è l’arte letteraria del romanzo. Eppure si tratta di lezioni universitarie. Lezioni per giovani americani che negli anni Cinquanta hanno avuto in sorte (molto buona, invero) di godere del magistero di Nabokov. Niente di più antiaccademico eppure niente di più autorevole.

Anzitutto non bisogna avere timori reverenziali nei confronti della tradizione, spiega bene l’autore di Lolita agli studenti di ieri e ai lettori di oggi. Non bisogna imbrigliarsi in un canone. Bisogna sì accendere la fiamma dell’ispirazione e accettare l’idea che il corto circuito dell’invenzione avviene soltanto se si combatte il primo pericoloso avversario del grande scrittore: il senso comune.

Il libro ovviamente è indicato soprattutto per chi ha vocazione di scrittore. È tuttavia consigliabile anche per chi ama i classici. Qui se ne sezionano alcuni. Dalla Casa desolata di Dickens all’Ulisse di Joyce e al Dottor Jekyll e mr Hyde di Stevenson, da Mansfield Park della Austen alla Bovary flaubertiana. Passando per il Kafka delle Metamorfosi e la Recherche proustiana.

Nabokov stabilisce un rapporto da pari a pari con questi giganti della letteratura. Può permetterselo non solo per le sue qualità di autore, bensì per la totale assenza di sovrastrutture ideologiche che gli permettono di analizzare i testi senza pregiudizi e con una passione genuina per il racconto e per la funzione letteraria. Il testo della Austen (che prima del ciclo di lezioni universitarie non aveva mai letto) viene seguito passo dopo passo, pagina dopo pagina. Offrendo così una lettura condivisa che diventa analisi non soltanto narrativa ma anche stilistica. Per paradosso usa una sintesi più illuminante ed efficace per l’esegesi di Proust e Joyce. È con Kafka e Flaubert, però, che offre il meglio della sua capacità di empatia nei confronti della poetica dell’autore. Dell’autore francese scorge con una breve frase la cifra più originale e seducente (“nel romanzo di Flaubert l’ironia e il patetico si intrecciano in modo meraviglioso”). Altrettanto fa per Kafka (“La famiglia Samsa che sta attorno all’insetto fantastico non è altro che la mediocrità attorno al genio”).

E proprio le parole su Kafka ci riportano al tema che sottende in tutte queste “lezioni americane”. Nabokov esalta la diversità e soprattutto la lotta pervicace e costante al senso comune (che è poi il mainstream nel quale si tuffa il 99% degli scrittori, vista la totale assenza di sicurezza nel proprio talento). “Benediciamo i diversi – ricorda lo scrittore russo – perché, nell’evoluzione naturale delle cose,  la scimmia non sarebbe mai diventata uomo se un esemplare bizzarro non fosse apparso nella famiglia”. E di lì alla stoccata decisiva contro il pensiero dominante il passo è breve: “Chiunque abbia una mente tanto fiera da non conformarsi al pensiero dominante, nei recessi del cervello trasporta una bomba”. Un ordigno capace di ridurre in briciole proprio il senso comune. D’altronde, ricorda Nabokov, il “piacere maggiore di una mente creativa è il potere accordato a un dettaglio apparentemente illogico rispetto a una generalizzazione apparentemente dominante”.

Leggere questo libro aiuta. Spinge a riprendere in mano certi classici con uno spirito diverso, un’attitudine di puro piacere. E spinge i pochi fortunati che sanno di poter stare comodi nella torre d’avorio soltanto dopo (parole di Nabokov) aver fatto a pezzi l’elefante del senso comune e rubato le sue zanne.

 

 

 

 

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