Ora non ci sono più scuse. Se più di 400 maratoneti tagliano il traguardo di una “mezza” a 35 gradi sottozero significa che tutto si può fare.  Quasi tutto. Però vuoi mettere raccontare a tutti di essere stato uno dei quattrocento che ieri hanno finito la “Corsa del ghiaccio”? Succede  a Omsk,  grande città industriale russa della Siberia sudoccidentale  famosa per le enormi  raffinerie di gas e petrolio a 2.500 km a est di Mosca quasi al confine con il Kazhakistan. Qui ieri,  secondo il rito della religione russo-ortodossa che ha conservato per le festività il calendario giuliano, era Natale. C’è chi ha festeggiato ma c’è anche chi ha saltato il pranzo e ha deciso correre la ventesima edizione della mezza maratona, sei giri della città, la gara più fredda del pianeta con -35 gradi alla partenza poi scesi addirittura a -37.  Al via c’erano oltre 400 temerari provenienti da 16 regioni della Federazione russa e quest’anno, in via del tutto eccezionale, anche 16 detenuti del penitenziario locale ai quali però,  secondo quanto riportato dall’agenzia Ria Novosti, non stato permesso uscire dalla prigione. Sono partiti nello stesso secondo degli altri ma hanno corso tra le mura del carcere.    La  «corsa del ghiaccio» si svolge in Siberia dal 1991 e, nel bene e nel male,  resta un’esperienza. Per correre non serve essere allenati, ma soprattutto coraggio. Io pochi giorni fa ero ad Erwhald, sulle montagne austriache, e il termometro segnava -18.  Mi ero portato, oltre che all’attrezzatura per far sci di fondo, anche le scarpe per correre. Beh, quel coraggio non l’ho avuto e sono rimaste nel borsone.