>>>ANSA/GIRO: 3/A TAPPA; BRUTTA CADUTA PER POZZOVIVODomenico Pozzovivo sta bene. E questo è ciò che conta.  “Non non ci sono pericoli di vita – ha spiegato alla Rai Domenico Branca, il medico del Giro che è stato il primo a soccorrerlo- Non è intubato ed è sempre rimasto cosciente e risponde alle domande: ha un trauma cranico e un trauma facciale, dovuti alla caduta». Però oggi a tutti quelli che stavano seguendo la terza tappa da Rapallo a Sestri si è gelato il sangue. Stesse immagini di quattro anni fa quando, più o meno sulle stesse strade, toccò seguire in diretta la morte del belga della Leopard Wouter Weylandt. Sembrava un terribile replay. Stessa posa scomposta sull’asfalto, stessa telecronaca angosciante e angosciata, stessa concitazione nei soccorsi. E così in un attimo lo spettacolo meraviglioso che sono il Giro, il Tour, ogni corsa ciclistica e’ diventato improvvisamente un incubo. Perchè si fa sempre due più due. Perchè a settanta all’ora in discesa il rischio c’è. C’è sempre. E basta una ruota che perde aderenza per scaraventarti al tuo destino. E allora capisci che caschi, protocolli e soprattutto polemiche lasciano il tempo che trovano. Capisci che unica cosa che ti interessa quando la telecamera dell’elicottero torna ad inquadrare Pozzovivo è che muova un braccio, una gamba, dia un segno di vita. Capisci (da padre) la disperazione di Leonardo Pozzovivo che sta guardando suo figlio in terra  come tutti e spera che qualcuno lo chiami, lo rassicuri, gli dica qualcosa. La Rai allora fa ciò che deve fare. Lo raggiunge al telefono e gli fa ascoltare la prima dichiarazione a caldo del dottor Giovanni Tredici, capo dell’ equipe medica del Giro che riporta un piccolo squarcio di luce in un pomeriggio che è improvvisamente diventato buio. La Rai fa in diretta (e bene) ciò che il servizio pubblico dovrebbe fare sempre. Il resto sono le solite, inutili chiacchiere che si sprecano sui social.