Chissà se sul doping decidono la Iaaf, Il Tas, le commissioni nazionali di controllo oppure il pubblico o gli atleti che non si sono mai dopati. Già, chissà. Chissà se valgono di più una squalifica, una condanna scontata e una riabilitazione o i fischi degli spettatori quando finisci una gara e vai a medaglia. Chissà se vale di più che un avversario ti nega una stretta di mano sul podio. Tante domande e tanti dubbi. Che in molti casi diventano sospetti e complotti a cui nessuno, purtroppo, riuscirà a dare certezza. E’ un’onda lunga che rischia di sommergere il buono dello sport, quello che non bara, che si è sempre rifiutato di usare trucchi e scorciatoie. Quello che fino a questa Olimpiade è rimasto più o meno in silenzio  facendo finta di niente. Ma forse adesso la misura è colma. E allora c’è qualcuno che non ci sta. E non ci sta Michael Phelps che non le manda a dire alla russa Yulia Efimova, esclusa per doping e poi riammessa dal Tas: “E ‘un po’ triste che oggi nello sport in generale, non solo nel nuoto, ci siano persone che sono risultati positive anche più volte e a cui viene permesso di nuovo di gareggiare- spiega il fuoriclasse americano- E’ una cosa che mi spezza il cuore e mi fa incazzare”. Non è il primo Phelps e non sarà l’ultimo. La giustizia fa sconti a chi si pente. Chi nello sport deve correre o nuotare con un avversario che non è stato leale, è meno propenso ad essere clemente. Da una parte c’è il diritto, da cittadino, di chi ha scontato una pena ed è giusto che torni in gioco, dall’altro c’è l’ardore e la rabbia di tanti ventenni sacrificano in fatiche e allenamenti la loro meglio gioventù è non hanno nessuna voglia di vedersi passare davanti chi ha barato.  Non se ne esce. Però c’è un però, un punto su cui non c’è margine d’errore. Sui social, l’altra sera in una radio sportiva dove intervenivano i diretta gli ascoltatori si parlava del caso di Alex Schwazer che il Tas domani deciderà se far maraciare o meno a Rio. Sono sempre di più gli italiani convinti che sia stato fregato, che sia vittima di un complotto, che sia stato punito perchè colpendo lui volevano colpire il suo allenatore Sandro Donati che si è sempre battuto contro il doping. E con chi se la prendono? Se la prendono con Gianmarco Tamberi,  a cui un infortunio ha negato un’olimpiade conquistata senza trucchi, che non si è mai dopato, che è forse un po’ troppo guascone e quindi a volte ha il coraggio di dire ciò che pensa senza peli sulla lingua. Con Schwazer il saltatore azzurro non era stato tanto morbido. Aveva detto che, come prevedeva il codice etico della Federazione italiana di atletica, non aveva diritto di rimettersi la maglia della nazionale. E’ una colpa?  Evidentemente sì ma non vorrei che diventasse martire chi si è redento e finisse in croce chi invece ha solo espresso un’opinione.