Sul muro del pub «Le Fleur» a Dover da ieri c’è anche la sua firma. Usa così tra quelli che hanno «nuotato» La Manica e se ne fregano dei transitivi.  Mica uno scherzo. E Sabrina Peron, 55enne avvocato milanese con la «fissa» del nuoto in acque libere forse all’inizio l’aveva presa un po’ così la sua passione, poi si è messa a fare sul serio. Anche perchè attraversare la Manica a nuoto, di notte, tra onde che ti ribaltano, traghetti e cargo te ti passano minacciosamente di fianco non è proprio da tutti. Ce ne vuole di coraggio anche solo a tuffarsi, a cominciare: «No paura non ne ho mai avuta- racconta- perchè di fianco avevo una barca di appoggio guidata da Paul Foreman, che è il miglior pilota in circolazione per queste imprese. Però ho avuto freddo. Molto freddo. Tant’è che dopo qualche ora che nuotavo mi sentivo come in una lavatrice ghiacciata e l’ho avuta davvero la tentazione di uscire. Poi ho gridato a chi era a bordo di darmi rifornimenti bollenti e sono andata avanti…». Che poi in mezzo al mare un rifornimento è quello che è: una borraccia di acqua calda con zucchero e limone in cui vengono sciolti dei gel energetici. Te la lanciano legata ad una cordicella e, giusto il tempo di bere tra le onde che ti sbtacchiano, e si riparte. Così per 35 chilometri. dall’Inghilterra alla Francia in 14 ore e 46 minuti che sono un’eternità di notte in mezzo al mare: «Sono partita alle due di perchè quella per le correnti era l’ora più favorevole- racconta- In effetti non è che si vedesse molto, anzi non si vedeva nulla, quindi fino all’alba ho seguito la luce che dal bordo della barca mi illuminava e mi indicava la rotta. Io per farmi vedere avevo una piccola lucina sulla cuffia ed una sulla schiena». Niente muta, solo un costume ed un paio di occhialini così come vuole il regolamento internazionale per omologare il risultato e l’impresa che la vede entrare nella storia come prima italiana a riuscirci. Ma che non è la prima per l’avvocatessa di Bassano del Grappa ma milanese d’adozione che ha nel cassetto anche una laurea in filosofia e quando non è in mare a sbracciare si occupa di diffamazione a mezzo stampa e di risarcimenti del danno. Roba seria. Cinque anni fa infatti è stata la prima donna italiana ad attraversare lo stretto di Catalina, 33 chilometri che separano l’isola da Los Angeles. Prima era toccato a quello di Gibilterra, a quello Messina ed alla traversata del Bosforo. Quattro anni fa con l’atleta paralimpico vicentino Enrico Giacomin, ha coperto a nuoto quasi 23 chilometri dall’isola di Vulcano a Milazzo e, all’inizio dell’estate, i 53 chilometri sul Po che portano da Cremona a Casalmaggiore. Due anni fa infine è stata la prima italiana a passare a nuoto sotto i venti ponti di Manhattan, nella Island Marathon Swim. Ora è l’unica nuotatrice ad aver inanellato le «Tre Corone», «Triple crown», una sorta di challenge dell’impossibile di open water: il giro dell’isola di Manhattan, la Catalina-California e ora la Manica per un totale di 150 chilometri. «La sfida più complicata? Sicuramente questa perchè La Manica resta La manica…». Che una volta finita, una volta arrivati a Calais dove non ci si può fermare, va ripercorsa al contrario. E a tornare in barca ci si mettono più di tre ore. Tanto per capirsi…