Lo sport paralimpico: la differenza c’è…
C’è differenza tra lo sport ” normale” e quello paralimpico. Ma non quella che sembra, che appare, che si vede. Non quella dei gesti, delle attrezzature, delle protesi o di tutto quanto serve e meno male che c’è. E non è neppure la differenza delle strutture che spesso non ci sono o non sono disponibili. La differenza la scopri, dopo tanti anni, all’improvviso e te le spiega in una telefonata per un’intervista che esce domani sul Giornale Massimilano Tosin, tecnico della squadra azzurra di nuoto paralimpico fresco vincitore di 11 medaglie tra cui tre ori ai campionati mondiali di Glasgow in Scozia. Con Micaela Biava è responsabile del progetto “Acquario” che dalla piscina Saini di Milano porterà (si spera) molti atleti azzurri in Brasile alle prossime paralimpiadi di settembre. La differenza si diceva. La differenza è tutta nell’ atteggiamento degli altri. <Perchè molto spesso-spiega Tosin– con gli atleti paralimpici si tende ad essere indulgenti. Non serve e non è ciò che vogliamo. Se uno è scarso è scarso e bisogna dirglielo…”. Già il talento. Vale per tutti il discorso del talento e quindi anche per chi gareggia su una sedia a rotelle o con un arto artificiale. Invece spesso si dimentica, perchè appunto si tende ad essere indulgenti. La normalità che lo sport sport paralimpico vuole conquistarsi passa invece anche da qui. Non solo ovviamente. “È un fatto di cultura- racconta Tosin– si fa ancora troppa fatica a condividere progetti e spazi con le altre federazioni. Così l’inizio per il nostro progetto olimpico non è stato facile anche perché a Milano l’unica vasca di 50 metri coperta è quella di via Mecenate e viene usata dalla Federazione di nuoto. Ma noi noi siamo un’altra “parrocchia“. Qui va così. A Canberra, in Australia, tanto per fare un esempio, quando sono arrivato mi aveva colpito la statua posta all’ingresso del centro Federale: un gigantesco giocatore di basket su una carrozzina. Noi siamo ancora un po’ indietro». Però il nuoto azzurro non è solo Federica Pellegrini e Filippo Magnini. Non ci sono solo Luca Dotto o Gregorio Paltrinieri che tra poco più di una settimana proveranno a tenere alto il tricolore azzurro in terra di Russia, a Kazan, dove sono in programma dal 25 al 9 agosto i campionati mondiali di nuoto. C’è anche un altro nuoto italiano che fa l’alba in vasca, che fa gli stessi sacrifici, la stessa fatica e forse di più e che esce da una competizione mondiale con un bottino da record. Ci sono Arjola Trimi e Federico Morlacchi, tanto per citarne un paio, che proprio nell’ultima giornata di gare mondiali in terra di Scozia si sono messi al collo due medaglie d’oro. Punte di diamante del progetto «Acquario» che si può leggere in due modi: «Ci sono i due elementi che ci servono – spiega ancora Tosin – Se si divide la parola troviamo l’acqua e Rio che sono le prossime Olimpiadi a cui puntiamo. Se invece la leggiamo tutta insieme è il posto dove stanno i pesci. E in questo caso i pesci siamo noi…». Belli, brutti, forti, deboli, lenti, veloci, brocchi o campioni. Senza sconti. Ma soprattutto senza nessuna indulgenza…