Il Covid sta schiantando il calcio. Il pallone si sgonfia tant’è che, tra tamponi, quarantene, squadre che fanno i conti con rose dimezzate dai positivi, è chiaro a tutti che il campionato che sta andando in scena altro non è che una pantomima necessaria a tenere in vita un malato grave. Un “paziente” che da anni sopravvive tra conti in rosso gonfiati da contratti improbabili e plusvalenze che aggiustano io bilanci. Ma ora col virus e gli stadi vuoti i conti non tornano più. E se non tornano al calcio non tornano (soprattutto) allo sport amatoriale. Lo sport in Italia si fa solo attraverso le associazioni sportive  e le società sportive dilettantistiche. Una realtà virtuosa che svolge una funzione sociale ( e sanitaria) primaria che si fonda principalmente sul volontariato, sul mecenatismo di qualche appassionato e sulla capacità economica delle famiglie. Però in questi tempi di contagi, lockdown, lavori che chiudono e che si perdono diventa davvero difficile dare priorità allo sport  col rischio che se le  associazioni dilettantistiche chiudono finisce anche lo sport amatoriale nel nostro paese. E sarebbe un guaio anche perchè lo “sport sociale”  impegna decine di migliaia di volontari, oltre 480mila operatori  tra dirigenti e tecnici sportivi , 95mila tra società e associazioni sportive ed è divenuto strumento di welfare per il benessere sociale di circa 8 milioni di persone, la maggior parte dei quali giovani sotto i 17 anni. Mesi fa Vittorio Bosio, il presidente nazionale del Csi, il Centro sportivo italiano aveva indicato con chiarezza quanto è scuro l’orizzonte: ” In questo momento, con gli impianti chiusi, le entrate azzerate e di contro tutte le spese ancora in essere un sistema come quello dello sport dilettantistico, già debole di per sé  è al collasso- aveva detto- Bisogna considerare che quasi nessuna associazione ha degli accantonamenti che le permettano di tenere botta in situazioni inimmaginabili come queste.». E si fa presto a fare una lista di quale dovrebbe essere la via che il governo potrebbe seguire. Servirebbero disposizioni per sospendere i mutui e gli affitti sui locali in cui si fa attività sportiva, per aprire linee di credito agevolate per le società sportive, per sospendere versamenti di natura tributaria e assicurativa e per  costituire un fondo  di garanzia che finanzi le attività.  Misure concrete, magari mediaticamente meno appariscenti dei “bonus” ma sicuramente più utili. Ciò detto lascia sicuramente preoccupati il grido di dolore del calcio, una “cicala” che ora si ritrova a fronteggiare una crisi reale che potrebbe far crollare il castello, ma preoccupa di più il collasso dello sport sociale, settore da sempre abituato a far da sè e a rimboccarsi le maniche per cavarsi d’impaccio. Ma adesso potrebbe non bastare più.