Ernesto Colnago lo chiamano tutti Ernesto, anzi l’Ernesto con l’articolo davanti come usa dalle sua parti in Brianza, terra di mobilieri. Ma anche di ciclisti e “biciclettai”  come dice lui che, abituato a rimboccarsi le maniche e a dar di lima, non dà troppo peso al fatto che con le sue bici e le sue intuizioni ha scritto un bel pezzo di storia di questo Paese. Un incantatore di serpenti lo chiamava Giorgio Squinzi che con la Mapei e con le sue biciclette in nove anni ha vinto tutto o quasi. Ma Colnago è Colnago, punto. E’ il ciclismo italiano da Sanremo a Roubaix, dal Giro al Tour e che val sempre la pena di raccontare soprattutto se a farlo è Marco Pastonesi in una chiacchierata che diventa appunti ed ora un libro. “Il Maestro e la bicicletta” edito da  66thand2nd è una lunga pedalata sulle strade del nostro Paese ripercorse  nelle tappe della vita di Colnago, la  sua infanzia povera, le avventure come corridore, l’inizio dell’attività da garzone a operaio, la dura strada da meccanico ad artigiano fino all intuizioni che hanno fatto diventare la sua azienda un’eccellenza del made in Italy. E’ un viaggio nella geografia dei suoi Giri d’Italia  al seguito di Fiorenzo Magni  dei suoi Tour de France al servizio di Eddy Merckx, dei Mondiali di Vittorio Adorni e Giuseppe Saronni. E una spiegazione della  la sua scienza  dall’ età dell’acciaio, all’’età dell’alluminio fino a quella del carbonio tra gli incontri con Fausto Coppi, Gianni Brera, re Juan Carlos, Tullio Campagnolo, Enzo Ferrari e papa Karol Wojtyla. E ancora: pensieri e certezze rotonde, filosofia e religione del lavoro, fino alla clausura per la pandemia e alla nuova esplosione delle due ruote. Al centro della sua vita, la bicicletta: «Pedalare è un bellissimo verbo di movimento: ci sono i piedi come radice, ci sono le ali come suffisso, e c’è lo stesso infinito – are – di andare e volare, ma anche di pensare e immaginare, disegnare e organizzare». Soprattutto sognare.