Lo sport smuove le menti, cambia la cultura di un Paese  ma è  soprattutto un’ ottima medicina per combattere virus e malattie che, facendo due conti,  fa risparmiare anche un sacco di soldi spesi in farmaci e ricoveri. Così si dice e così funziona ma ora, a dare  supporto, arrivano anche un po’ di dati. La chiusura delle attività sportive durante i mesi di lockdown,  tanto per fare un esempio,  non ha avuto efficacia nel ridurre il contagio da Covid 19 in bambini e adolescenti.

MENO CONTAGI TRA GLI SPORTIVI. I dati confermano: il numero di positivi è stato addirittura superiore in chi non ha mai praticato sport durante la pandemia (12%) rispetto a chi si è allenato (9%). A confermarlo è lo studio realizzato dallo  IEO, l’ Istituto Europeo di Oncologia di Milano in collaborazione con UISP, l’ Unione Italiana Sport Per tutti Lombardia,  e presentato poco tempo fa al convegno “Covid-19 e Attività Sportiva in Età Giovanile” che si è tenuto a Milano.

IL LOCKDOWN SPORTIVO E’ DANNOSO.  La ricerca  indagato sia i rischi connessi ai contagi da SARS-CoV-2, sia i cambiamenti legati alle misure di contenimento, in particolare la chiusura delle attività sportive, per capire che impatto abbiano avuto sulla vita quotidiana e il benessere psicofisico di bambini e giovani dai 6 ai 25 anni grazie alla collaborazione di società oltre 2mila società e associazioni sportive  tra UISP Lombardia, CSI, FIN Veneto e FIGC. Il dato è chiaro: se da un lato la chiusura delle attività sportive non è apparsa utile per limitare il diffondersi dei contagi, dall’altro queste chiusure, unite alla pandemia in atto, hanno modificato radicalmente lo stile di vita della popolazione, in particolare dei giovani.

BENESSERE PSICOLOGICO A RISCHIO. L’equilibrio di bambini e ragazzi è stato valutato attraverso una serie di questionari  a cui hanno risposto i genitori per i più piccoli e i ragazzi al di sopra degli 11 anni: più alto si è rivelato il benessere psicologico per chi si è allenato almeno due volte a settimana,  peggiore per chi non ha praticato sport, in particolare nei maschi e in chi utilizzava dispositivi elettronici per più di due ore al giorno. Non solo.  Dallo studio condotto dai ricercatori Ieo è stato messo in luce un preoccupante aumento di peso negli adolescenti  inattivi e come gli sportivi non siano stati un vettore di contagio per i nuclei famigliari e infatti non è stato riscontrato un aumento di contagi all’interno delle famiglie con figli che hanno fatto sport rispetto a quelle con figli che non hanno fatto sport.

LO SPORT MIGLIORA LE DIFESE IMMUNITARIE. “Questo  studio nazionale permette di scagionare le attività sportive, in particolare quelle organizzate, dalla responsabilità su incrementi significativi di contagi da Covid-19, – afferma Sara Gandini di IEO – suggerendo anzi un possibile effetto protettivo forse riconducibile sia ad un miglioramento delle difese immunitarie degli atleti, sia allo svolgimento di attività in contesti controllati e con applicazione di misure preventive”.  Il ruolo dello sport, così come quello della scuola in presenza, è stato ed è ampiamente dibattuto nell’opinione pubblica con chi vede nei bambini e negli sportivi veri e propri “amplificatori” della pandemia Covid-19.

SPORT E SCUOLA NON SONO VETTORI DI CONTAGIO. “Non ci sono solide evidenze scientifiche che la scuola in presenza contribuisca significativamente alla diffusione della pandemia e quindi il beneficio della chiusura delle scuole non è chiaro- continua la professoressa Gandini co-autrice tra l’altro di uno studio che riguarda le scuole italiane durante la seconda ondata pubblicato sulla rivista «The Lancet Regional Health  Europe-  Si è dimostrato che lo sport e la scuola in presenza non sono associate ad un incremento dei contagi, mentre i rischi di ripercussioni fisiche e psicologiche nel caso in cui questi vengano interrotti sono elevati. Ricordiamo che l’OCSE ha recentemente pubblicato il secondo Rapporto sulla salute mentale, che mostra che circa un quinto della popolazione riporta problemi di salute mentale e circa la metà di questi problemi si manifestano entro i 18 anni. In particolare la salute mentale degli adolescenti è stata influenzata negativamente dalla pandemia e questa tendenza è continuata anche nel 2021. Per questo motivo, studi che indagano i rischi ed i benefici delle chiusure dovrebbero essere tenuti in considerazione nelle decisioni che riguardano le scuole e le attività sportive”.