Milano olimpica fa l’alzabandiera: ma lo sport scappa via…
Lunedì mattina alle 10 nelle piazze davanti ai municipi di Milano e Cortina, sulle note dell’inno di Mameli, ci sarà un alzabandiera simbolico a mille giorni dall’inizio dei Giochi Olimpici invernali del 2026. Poco meno di tre anni, un conto alla rovescia che scandisce un tempo che passerà più in fretta di ciò che si possa immaginare, cercando di colmare ritardi che dal Palatrussardi al Villaggio olimpico , dalla pista di bob di Cortina a quella di pattinaggio di Balsega di Pinè fanno già discutere. Tanto quanto il dibattito infinito sul nuovo stadio di San Siro che, indipendentemente da come vada a finire tutta la vicenda, deve (dovrebbe) ospitare la cerimonia di apertura di Giochi. Ma non è solo un problema di strutture. Ciò che precede e segue un’olimpiade è anche o lo spirito olimpico e sportivo che si respira. I Giochi non sono qualcosa che si apre e chiude, arrivederci e grazie. Sono un evento che crea attesa, che lascia un’eredità, che coinvolge una città intera. L’aria sicuramente cambierà ma va detto che questo inizio di 2003 per Milano di “olimpico” ha ben poco. La città con lo sport non pare avere il giusto feeling. E’ di questi giorni la notizia che, a causa dei lavori di ristrutturazione alla piscina Samuele in via Mecenate, la società Nuotatori Milanesi ha annullato la sessione delle categorie Assoluti del «Trofeo città di Milano», in programma il 17 e 18 marzo, valida per ottenere i tempi limite per i campionati del mondo. Non c’erano piani B. Sembra assurdo che la città che tra mille giorni ospiterà i Giochi olimpici invernali non abbia un piano B considerando che la piscina Saini è inagibile e non ci sono impianti con caratteristiche idonee, salvo la piscina olimpionica privata della Bocconi ma l’affitto costa carissimo. Per altre opzioni come Lodi o Busto Arsizio c’erano grossi problemi logistici e di accoglienza. Non solo. E’ sempre di questi giorni l’annuncio da parte di Rcs che la partenza della 114ma Milano-Sanremo non sarà da piazza Castello o dal Vigorelli ma da Abbiategrasso, così come accadrà per il Giro d’Italia che ha già fissato la sua tappa finale a Roma, buche permettendo. Ed è di pochi giorni fa la comunicazione ufficiale della chiusura del palazzo del PalaAgorà di via dei Ciclamini, l’unico palazzetto di Milano per gli sport su ghiaccio. La causa? Una grana dopo l’altra. Nel 2020 il Comune aveva lanciato un bando per la riqualificazione e gestione dell’impianto ma il vincitore, Agora Skating Team, la scorsa estate si è tirato indietro. C’è un’offerta ma è ancora soggetta a tutte le verifiche di norma per l’aggiudicazione definitiva. Nel frattempo, il vecchio gestore Agorà srl, che avrebbe dovuto mantenere l’impianto fino all’ingresso del nuovo, ha avuto problemi con il pagamento delle bollette A2a. Il caro energia ha colpito durissimo, oltre a un conguaglio da 185mila euro ricevuto a maggio la società si è trovata con aumenti del 350%. L’utenza è stata «staccata» per morosità, il ghiaccio si è sciolto e circa 300 atleti sono rimasti a casa. Fine. Vivere a Milano costa carissimo e lo sport non sfugge. Costi proibitivi non solo per chi lo fa ma anche per chi lo gestisce o deve organizzare che vanno dall’occupazione del suolo pubblico agli straordinari dei vigili, dalla logistica al prezzo che si deve pagare per la burocrazia . Quindi dopo due anni di lockdow, dopo un’emergenza energetica che ha messo in ginocchio molte società sportive c’è poco da stare allegri. Lo sport scappa via da Milano, altrochè alzabandiera.