A raccontare chi era Fabrizio Cosi, scomparso all’improvviso una notte di dieci anni fa, ci ha provato  in un incontro alla vigilia della Wizz Air Milano marathon, chi lo aveva conosciuto un po’ per lavoro e un po’ perchè per chi corre, organizza, gravita intorno al mondo della corsa non entrare in contatto con il “capitano” era praticamente  impossibile. La prima volta che venne a trovarmi i redazione per raccontarmi tutti i progetti che aveva in mente lavorava ancora per una finanziaria ma mi confessò che gli andava stretta. E infatti passò oltre. Senza indugi, come al solito. Poi le nostre strade si sono incrociate tante e tante volte ancora.  Correvi al suo fianco e capivi cosa significasse per lui la corsa, tra abbracci, saluti, carrozzine da spingere, bandiere da sventolare, cause da sostenere. Faceva tutto insieme. Fabrizio Cosi era un “marziano”. Una sola parola che poi era la sua parola. Era  un “marziano”  non solo perchè a Milano aveva messo in piedi “i Podisti da Marte”  che più che un gruppo podistico erano (sono) un’idea, un sogno, una grande utopia che raccontano un modello di vita, di solidarietà e di società che oggi, soprattutto a Milano, pare lontanissima. Era un marziano perchè aveva il coraggio, l’intelligenza e l’ironia. La corsa era una scusa. O forse il mezzo. La corsa era il suo modo di vivere e il grimaldello che usava per provare a mettere insieme i tasselli del suo mondo che voleva appassionato, solidale, pronto a sostenere le cause giuste contro ogni discriminazione. La portava ovunque, in ogni luogo e portava portava la sua grande voglia di vivere che riusciva a contagiare anche chi con la corsa non aveva mai avuto nulla a che spartire. Se molti milanesi hanno cominciato a correre la domenica mattina in centro regalando fiori e sorrisi a chi li vedeva passare in Galleria, a Brera o nei posti più impensabili il merito è suo. Ed è in buona parte merito suo se la Maratona di Milano è diventata la corsa delle staffette che è diventata. Ci teneva a tante cose ma alla Maratona di Milano in particolar modo, perchè era innamorato della sua città e il fatto che non si riuscisse ad avere una maratona all’altezza  proprio non gli andava giù. Un cruccio. Così ci si è messo di punta. Un lavoro certosino.  Amici, onlus, staffette…ci ha messo del suo per far si che l’aria cambiasse.  Con i marziani si è goduto la città, ha fatto del bene supportando ogni volta una Onlus diversa, ha fatto amicizie e tante ne ha fatte nascere, ha spiegato che la corsa non è solo correre ma anche qualcos’altro. “E’ la “terza via” – ripeteva spesso- Un circolo virtuoso per rompere gli schemi e abbattere le barriere”. Sembra ieri. Ma sono passati dieci anni…