Alfano e l’età punibile dei reati
La scorsa settimana, intervenendo ad un forum, Angelino Alfano ha fatto capire come il governo Renzi stia pensando di abbassare l’età punibile dei reati, oggi fissata a diciotto anni. “Bisogna rifuggire da ogni ipocrisia. I 16-17 anni di oggi non sono quelli di una volta. Oggi a 16 anni si conosce esattamente la gravità di un crimine che si compie” ha dichiarato il titolare del Viminale. “C’è una parola di cui non aver paura: repressione. E un’altra parola: deterrenza. Ciascun cittadino, di qualunque età, deve aver paura della reazione dello Stato”. Per il momento, si tratta di una proposta, ma mi sembra interessante riportare il parere di alcuni psichiatri e psicologi che hanno bocciato questa idea di Alfano. All’Ansa, ad esempio, Tonino Cantelmi, docente di psichiatria dell’Università Gregoriana di Roma, ha detto: “Puntare sulla repressione è perdente, il lavoro vero da fare, se si vuole ottenere qualcosa, è sulla prevenzione. Devianza e marginalità sono problematiche dal risvolto non solo sociale ma anche psicologico, se non c’è prevenzione, puntare tutto su deterrenza non serve a nulla. Si può anche abbassare l’età punibile ma pensare che estingua il comportamento criminale è una illusione. Piuttosto si tratta di agire sulle cause dei fattori devianti, che in genere risiedono negli adulti che li circondano, magari assenti o irresponsabili. Anche gran parte del bullismo è legato a contesti familiari in cui gli adulti mettono in atto o tollerano comportamenti di sopraffazione”.
Fabio Sbattella, ricercatore dell’Università Cattolica di Milano e docente di Psicologia dello Sviluppo ha detto, alla stessa Ansa che “purtroppo non è vero che a 16 anni si concepisca la gravità di un crimine. Nonostante sembrino autonomi, tra gli adolescenti di oggi regna un’immaturità diffusa per quanto riguarda la responsabilità sociale. Molte ricerche ci dimostrano che sono in realtà poco consapevoli rispetto ai loro comportamenti e ai danni che provocano negli altri. E’ importante che i ragazzi vengano educati al tema della responsabilità piuttosto che pensare di abbassare l’età della punibilità. E in questo percorso di educazione, sono indispensabili figure adulte di riferimento”.
Insomma, la proposta del Ministro dell’Interno non ha trovato terreno fertile. Mi sembra che sia lo psicologo, sia lo psichiatra abbiano puntato il dito contro la repressione, privilegiando un discorso di prevenzione, partendo, come sempre, dall’ambito familiare. Certo, a parole, chi non è d’accordo? Da sempre, prevenire è meglio che curare. Però, non è facile, e chi ha dei figli lo sa. Il problema, poi, è capire chi debba aiutare i genitori, che non possiedono la bacchetta magica per far crescere i propri eredi in una società sempre più complessa e complicata, condizionante e permissiva, rispetto a quella delle generazioni precedenti. E non è solo una questione di si stava meglio quando si stava peggio. Mai come oggi, si ha la sensazione che i crimini aumentino anche per quel senso di impunità che fa crescere la voglia, in troppi, di delinquere. Devo dire che, a parte la frase sulla paura dello Stato che, sinceramente, così espressa, mi allarma (invece di cittadini, avrebbe dovuto parlare di delinquenti e basta, ripensando anche a persone comuni che si sono tolte la vita per la troppa paura di certe leggi), non mi sembra, quella di Alfano, un’idea, sulla carta, sbagliata, anche se poi va valutata, al lato pratico, esaminando la legge che la metterà in pratica. Perché il problema, se si legifererà in tal senso, è quello di fare in modo che questo abbassamento vada realmente a colpire chiunque commetta reati sul suolo italiano, senza eccezioni. Non è più tempo di proclami, ma di fatti concreti. Il benessere di una popolazione passa anche dalla sua sicurezza e in questo momento, in Italia, non mi sembra godiamo di buona salute.