Osteopati, serve un albo professionale
Avrete, probabilmente, sentito parlare di osteopatia e, magari, vi sarete anche sottoposti a trattamenti osteopatici, fidandovi dell’esperienza positiva del vicino di casa o dell’amico. Ancora è definita una “medicina alternativa o non convenzionale”, anche se, per essere precisi, stiamo parlando di una professione sanitaria: l’osteopata, attraverso tecniche manuali, ricerca e individua le cause della “disfunzione somatica” che, in genere si manifestano sul sistema scheletrico-muscolare, per intervenire ripristinando la mobilità fisiologica a livello dei diversi sistemi che regolano il normale funzionamento dell’organismo. In poche parole, dopo aver diagnosticato il problema, l’osteopata pianifica una terapia per porre rimedio allo squilibrio a livello fisico, prendendo in considerazione anche i fattori sociali e affettivi del paziente, ma anche elementi esterni come il lavoro e il grado di stress. Sapete quanti osteopati lavorano in Italia? Grazie alla presenza del Roi, il Registro degli Osteopati d’Italia, un’associazione privata senza fini di lucro che svolge attività di autoregolamentazione, autodisciplina, ma anche rappresentanza e coordinamento degli associati, siamo in grado di contarne almeno 2500. Pur concentrati tra Roma e Milano. Ma non è detto che tutti coloro che si definiscono osteopati abbiano aderito al Roi; attenzione ai ciarlatani e agli abusivi che, senza le dovute competenze, operano indisturbati. Ecco perché gli associati e tutti gli osteopati d’Italia richiedono ad alta voce il riconoscimento ufficiale della loro professione. Peccato che i lavori vadano a rilento: l’emendamento al ddl 1324 presentato da Emilia Grazie De Biasi, dopo essere stato approvato in Senato, è ora parcheggiato alla Commissione Affari Sociali alla Camera. Come afferma il Presidente del Roi, Paola Sciomachen (nella foto): “E’ importante che anche in Italia ci sia una legge che regolamenti l’osteopatia per garantire i professionisti, che dovranno seguire un percorso formativo ben definito, ma anche i pazienti e la loro sicurezza. Occorre avere un albo per assicurare più trasparenza e anche la tracciabilità della qualità del lavoro prestato dai professionisti osteopati, ostacolando l’abusivismo”.