Per chi convive con la narcolessia, malattia rara e ancora poco diagnosticata, arriva una notizia che può cambiare la vita. Questa patologia cronica colpisce circa 10mila persone in Italia, ma solo un quinto riceve la diagnosi. Non si tratta solo di sonnolenza diurna: la narcolessia compromette memoria, concentrazione, umore e relazioni sociali, trasformando la quotidianità in una lotta continua.

La ricerca ha individuato la vera causa: la perdita delle cellule che producono orexina, la sostanza che regola il ciclo sonno-veglia. Oggi nuove terapie, presentate al Senato e discusse al Congresso Mondiale del Sonno di Singapore, sono in grado di intervenire direttamente su questo deficit..

Per la prima volta, dunque, non si agisce solo sui disturbi, ma sulla radice della malattia. Una svolta che potrebbe restituire a bambini, adolescenti e adulti la possibilità di tornare a vivere con energia, senza più la sensazione di “sopravvivere”.

Dall’incontro “Nuovi approcci contro la narcolessia. Innovazione terapeutica orexinergica in favore dei pazienti” si è tenuto presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro al Senato, su iniziativa della Sen.ce Elisa Pirro, membro della 5a Commissione, Bilancio che spiega: «Con questo incontro abbiamo voluto dare visibilità a una malattia rara come la narcolessia, che purtroppo rimane ancora poco conosciuta, nonostante il suo impatto gravissimo sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie»

«Nelle persone che soffrono di narcolessia, l’orexina è assente o ha livelli molto bassi – spiega il Prof. Giuseppe Plazzi, Professore di Neuropsichiatria infantile presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, che rappresenta un centro di riferimento mondiale per la ricerca clinica in questo campo. I farmaci disponibili fino ad oggi sono intervenuti solo sui sintomi, con benefici limitati. Le recenti sperimentazioni hanno fornito risultati convincenti per una prossima messa in commercio di molecole in grado di attivare il recettore dell’orexina, dimostrando un’ottima efficacia a tutti i livelli nel controllo dei sintomi. Con queste terapie diventa per la prima volta possibile agire direttamente sulla causa della malattia. L’impatto sulla qualità della vita di queste persone, in particolare per i bambini e gli adolescenti, sarà eccezionale, come già stiamo vedendo nei pazienti trattati, di cui 70 su 300 sono al centro di Bologna. Almeno il 40% dei pazienti trattati è completamente senza sintomi. I farmaci, da assumere con continuità, presentano effetti collaterali minimi o transitori».

«I progressi ottenuti negli ultimi mesi nella cura della narcolessia di tipo 1 segnano una grande svolta, perché per la prima volta un farmaco agisce non solo sui sintomi, ma sul meccanismo biologico alla base della malattia», ha sottolineato il Prof. Raffaele Lodi, Presidente Rete IRCCS Neuroscienze e Neuroriabilitazione.

Gli studi clinici hanno dimostrato un’efficacia eccezionale di questi nuovi farmaci su tutti i sintomi della narcolessia.

Massimo Zenti, Presidente Associazione Italiana Narcolettici (AIN) , coinvolto lui stesso nei trial: «Oggi intravediamo la conquista di una nuova qualità di vita, una dignità, una prospettiva del futuro. I sintomi, vanno oltre la sonnolenza diurna e si manifestano con nervosismo, ansia, deconcentrazione. Altro sintomo è la cataplessia, ossia il cedimento muscolare in risposta a forti emozioni. Vi è poi il sonno notturno disturbato, con numerosi risvegli e frequenti incubi».

«La narcolessia è una patologia che spesso rimane nell’ombra, eppure il suo impatto è particolarmente grave, perché in oltre il 50% dei pazienti esordisce in età pediatrica, ma viene diagnosticata con anni di ritardo provocando  importanti conseguenze negative nelle funzionalità attentive, di apprendimento e di relazione con i propri pari del bambino», evidenzia il Prof. Lino Nobili, Presidente Accademia Italiana Medicina del Sonno (AIMS), Direttore della Neuropsichiatra infantile presso l’IRCCS G. Gaslini, Università di Genova.

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